The Trojan Horse Method

A Trojan horse to reveal the secrets of the stars

Claudio Spitaleri


Il metodo "Trojan horse"

Un cavallo di troia per svelare i segreti della nucleosintesi degli elementi

1 Introduzione

Comprendere l’origine e l’abbondanza degli elementi (fig. 1) presenti nell’Universo è stata una delle questioni scientifiche fondamentali, rivolte ai ricercatori nella fisica nucleare e nell’astrofisica nel ventunesimo secolo. Intimamente legata a questa problematica dello studio dell’origine degli elementi vi è non solo il problema dell’evoluzione stellare e del destino degli oggetti vicini al nostro mondo, come il nostro Sole, ma anche la stessa origine degli esseri umani.

Alcuni punti fondamentali dell’evoluzione dell’Universo possono essere sintetizzati, in base alle attuali conoscenze, dalla seguente ricostruzione scientifica. Circa un minuto dalla sua nascita, l’Universo si era già raffreddato abbastanza da produrre protoni e neutroni stabili che, tramite reazioni di fusioni nucleari, formarono principalmente nuclei atomici di deuterio, quindi quelli di elio, arrivando, con successive fusioni, a produrre nuclei di litio. Grazie alle conoscenze acquisite fin da oggi, sappiamo che pochi degli elementi, i più leggeri, sono stati prodotti, prima che le stesse stelle esistessero, nella prima fase di formazione degli elementi. Questa fase è stata chiamata nucleosintesi primordiale.

Dopo pochi minuti dalla formazione degli elementi più leggeri la temperatura e la densità dell’Universo diminuirono al punto da rendere impossibile altre fusioni nucleari. Questo punto è stato evidenziato dalle ricerche nel campo della fisica nucleare. I risultati di questi studi provarono la impossibilità, in natura, dell’esistenza di nuclei stabili di numero di massa $A = 5$ o $A = 8$.

Come mai osserviamo attorno a noi elementi più pesanti? Il mistero di come sia avvenuto il superamento di questa mancanza di masse (5 e 8) che ha permesso la sintesi di nuclei pesanti trovò soluzione attraverso l’idea, suggerita da E. Salpeter (1951), che nuclei instabili di berillio-8 (8Be) possano catturare un’altra particella alfa per formare il nucleo stabile di carbonio-12 (12C). Poco tempo dopo fu Hoyle (1954) che ipotizzò che il processo di fusione tra nuclei di berillo-8 e particelle alfa (chiamato processo a “tre alfa”) sarebbe stato in accordo con le osservazioni delle abbondanze degli elementi osservati (fig. 1) solo se fosse stato presente nel nucleo 12C uno stato risonante (chiamato dopo “Stato di Hoyle”).

Oggi sappiamo che un gran numero di cicli, formati da molte differenti reazioni nucleari, sono coinvolti nella produzione degli elementi. Tra questi cicli due sono fondamentali per la nucleosintesi degli elementi e per la produzione d’energia nelle stelle, e quindi per la nostra stessa esistenza:

i) la catena protone-protone (catena $p$-$p$) in cui intervengono fondamentalmente i nuclei degli elementi più leggeri come idrogeno, elio e litio, dando luogo alle reazioni della prima fase di tutti i processi di combustione degli elementi (“combustione dell’idrogeno”) (fig. 2). La catena p-p costituisce la principale fonte d’energia prodotta dal Sole.

ii) il ciclo CNO in cui intervengono nuclei di carbonio, azoto, ossigeno, che avviene nelle stelle di massa più grande di quella del Sole. Grazie alle maggiori temperature di queste stelle, il 12C, già preformato, agisce da catalizzatore (fig. 3). Le reazioni del ciclo CNO producono molto più calore rispetto alle reazioni della catena protone-protone. Dopo la formazione del 12C, la produzione degli elementi più pesanti, dal carbonio all’uranio, è potuta avvenire durante i successivi miliardi di anni durante il loro ciclo di vita, fino alla loro fase finale (nucleosintesi stellare).

Dalle recentissime ricerche abbiamo anche avuto conferma che buona parte degli elementi “rari e preziosi”, come ad esempio, oro, platino, etc. sono stati generati dallo scontro tra due stelle di neutroni.

Per completezza aggiungiamo che parte dei più reattivi elementi tra quelli più leggeri come il litio, il berillio e il boro (Li, Be, B) sono stati anche prodotti nello spazio intergalattico da raggi cosmici.

La tabella 1 sintetizza tutti i risultati, di cui noi siamo a conoscenza, sugli elementi presenti nell’Universo e i sui siti astrofisici dove essi sono stati generati.

2 Come si fa a comprendere i processi che avvengono nelle stelle restando chiusi in laboratorio?

Per potere riprodurre alcune grandezze, come per esempio le sopracitate abbondanze degli elementi presenti nell’attuale Universo osservato o porzioni di esso (fig. 1), si utilizzata, in genere, una metodologia abbastanza standard in campo scientifico che consiste nel confronto tra ciò che è previsto da risultati di calcoli effettuati con opportuni codici (“previsione teorica”) e quello che invece è osservato sperimentalmente (“osservazione”). Più sono piccole le incertezze sulla previsione teorica e sui dati osservativi più chiaro è il risultato. È essenziale pertanto che il lavoro dei ricercatori sia rivolto ad una progressiva minimizzazione delle incertezze.

Negli ultimi anni, grazie ai grandi progressi in campo astrofisico e tecnologico, ottenuti per esempio nell’attività di acquisizione dati attraverso telescopi e laboratori spaziali, i dati osservativi presentano incertezze sempre più piccole. In parallelo nel campo delle previsioni teoriche grandi sforzi sono stati prodotti per ridurre le incertezze sui dati nucleari sperimentali e teorici, che costituiscono parte degli input necessari per i calcoli evolutivi.

2.1 Quali sono gli input nucleari necessari per gli studi dei processi evolutivi stellari?

In Astrofisica Nucleare una delle principali grandezze della Fisica Nucleare applicata all’Astrofisica è la sezione d’urto di una reazione x+B→C+D nel plasma stellare, $\sigma_{pl} ( E ) $.

Le misure delle sezioni d’urto $\sigma_{pl} ( E ) $ sono necessarie

i) Per valutare il rate di trasformazione (reaction rate) $R ( E ) _{xB}$ per coppie di particelle degli elementi x e B in reazioni di fusione nucleari (fig. 4), che avvengono nel plasma stellare, per il quale si utilizza la relazione

(1) $ R ( E ) _{xB} = \langle \sigma_{pl} ( E ) \cdot v_{xB} \rangle ,$

dove $v_{xB}$ è la velocità relativa tra le due particelle x e B.

ii) Per calcolare l’energia $\epsilon_{xB}$, prodotta da una coppia di particelle x e B, in una reazione di fusione termonucleare x+B → C+D nel plasma stellare attraverso la relazione

$ \epsilon = \langle \sigma_{pl} ( E ) \cdot v_{xB} \rangle Q$-valore,

dove la grandezza Q-valore indica l’energia prodotta o assorbita per ogni singola reazione.

iii) Per misurare il tempo di vita di un elemento nel plasma stellare $\tau_{xB}$ attraverso la relazione

$ \tau_{B} = 1 / [ N_{x} \langle \sigma_{pl} ( E ) \cdot v_{xB} \rangle ] $,

dove $ \tau_{B} ( x ) $ indica il tempo di vita di un nucleo x in relazione alla probabilità di reazione con un nucleo B, $N_{x}$ indica il numero di nuclei del tipo x per unità di volume.

Per questa ragione una buona parte dell’attività delle ricerche di Astrofisica Nucleare è costituita dalla individuazione e applicazione di metodi che possano portare alla conoscenza delle sezioni d’urto $\sigma_{pl} ( E )$.

2.2 Come possiamo misurare le sezioni d’urto delle reazioni in un plasma stellare?

Poiché siamo interessati a conoscere delle grandezze nucleari che caratterizzano processi che avvengono all’interno delle stelle, come possiamo arrivare a conoscere le sezioni d’urto di un processo che avviene dentro il plasma stellare? Non essendo possibile effettuare misure dirette della sezione d’urto di reazioni in un plasma stellare, $\sigma_{pl} ( E )$, occorre individuare delle vie alternative. Una via molto utilizzata è quella di misurare, attraverso esperimenti eseguiti con acceleratori nucleari, la sezione d’urto di un nucleo nudo $\sigma_{b} ( E )$ e quindi ottenere la sezione d’urto nel plasma $\sigma_{pl} ( E )$ servendosi della relazione

(2) $\sigma_{pl} ( E ) = \sigma_{b} ( E ) \cdot f_{pl}$,

dove $f_{pl}$ è una grandezza chiamata “fattore di accrescimento nel plasma” dovuto alla presenza degli elettroni nel plasma stellare. Questo termine può essere fortunatamente ottenuto per via teorica attraverso la teoria di Debye-Hückel.

Un’altra possibile via, che si sta sempre più affermando, è quella di valutare il rate di reazione $R ( E )_{pl}$ direttamente in un plasma ottenuto, in modo da avere le stesse caratteristiche fisiche di quello stellare, attraverso uno o più fasci laser. Attualmente esistono nel mondo diversi laboratori (in Francia, USA, Italia, prossimamente in Romania, ecc.) che sono in grado (o saranno in grado) di produrre plasmi da utilizzare per queste misure dei rate di reazione nei plasmi $R ( E )_{pl}$.

3 Perché introdurre metodi indiretti per le misure delle sezioni d’urto?

Per molte applicazioni astrofisiche, occorre conoscere la $\sigma_{pl} ( E_{G} )$ all’energia di Gamow ( $E_{G}$ ).

Nelle catene di reazioni nucleari (come per esempio la catena protone-protone e i cicli CNO (fig. 2 e 3)) sono presenti in massima parte reazioni tra particelle cariche. In questi casi le misure delle $\sigma_{b} ( E )$ , attraverso esperimenti diretti, in generale sono rese molto complesse dalla presenza degli effetti legati alla repulsione della barriera coulombiana tra le particelle interagenti ed allo schermo dovuto agli elettroni (electron screening) dei nuclei accelerati (che in generale sono costituiti da ioni) o le targhette (che sono in generale costituite da atomi o molecole). Discutiamo qui di seguito per quali motivi le misure sono più complesse.

3.1 Limite alle misure dirette delle sezioni d’urto: barriera coulombiana

Poiché l’energia termica kT di cui dispongono le particelle nel plasma di una stella (non in fase esplosiva) è molto più piccola (dell’ordine di un migliaio di volte) del massimo della barriera coulombiana che si ha tra le particelle interagenti, le reazioni nucleari possono avvenire solo tramite l'effetto tunneling. Ciò comporta una diminuzione esponenziale della sezione d’urto $\sigma ( E )$ al decrescere dell’energia secondo la relazione

(3) $\sigma ( E ) \propto exp ( 2\pi\eta ) $,

dove $\eta$ è il parametro di Sommerfeld, $\eta = \frac{Z_{x}Z_{B}}{\hbar \nu} e^{2}$ che dipende dai numeri atomici $Z_{x}$, $Z_{B}$ dei nuclei collidenti e dalla loro velocità relativa $v$.

Al decrescere dell’energia E tra i nuclei interagenti anche la $\sigma_{b} ( E )$, in generale, decresce (eq. (3)) e quindi diminuisce (a parità di spessore di targhetta, di angolo solido ed intensità del fascio di particelle incidenti) il numero di eventi, legati alla reazione studiata, rivelati. Al limite in cui il numero di particelle diventa dello stesso ordine di quelle legate al “fondo naturale” o a quello “della reazione stessa”, le difficoltà sperimentali per effettuare precise misure aumentano enormemente tanto che spesso le misure delle sezioni d’urto diventano non possibili con le attuali caratteristiche tecniche degli apparati sperimentali.

3.2 Come possiamo misurare la sezione d’urto all’energie $E_{G}$?

Nei casi in cui la misura della $\sigma_{b} ( E )$ all’energia $E_{G}$ non è realizzabile, la $\sigma_{b} ( E_{G} )$, viene ottenuta attraverso la estrapolazione dalle sezioni d’urto misurate a più alte energie.

Per rendere meno complessa la procedura di estrapolazione è stata introdotta la grandezza $S_{b} ( E )$, chiamata fattore astrofisico (di nucleo nudo), definita dalla relazione

(4) $S_{b} ( E ) = E \sigma_{b} ( E ) exp ( 2 \pi\eta )$.

Il fattore astrofisico $S_{b} ( E )$, contrariamente alla sezione d’urto $\sigma_{b} ( E )$, ha un andamento lentamente variabile con l’energia e quindi l’estrapolazione è molto meno complessa.

Pertanto, si possono ottenere il rate di reazione $R ( E )_{pl}$ e la sezione d’urto nel plasma $\sigma_{pl} ( E )^{estrap}$ (o $S_{pl} ( E )^{estrap}$ ) dalle eq. (1), (2) e (4), se conosciamo per via teorica il “fattore di accrescimento nel plasma” $f_{pl}^{4}$.

3.3 Il problema dell’estrapolazione

Quando il fattore astrofisico $S_{pl} ( E )$ (o la $\sigma_{pl} ( E )$ ) è ottenuto attraverso estrapolazione $( S_{b} ( E_{G} )^{estrap} )$ possono introdursi risultati non corretti a causa di possibili esistenze di risonanze non note e/o code di risonanze sotto soglia e/o code di risonanza molto larghe ad energie più alte, etc. Quindi la procedura di estrapolazione non può essere sempre considerata una soluzione affidabile per la valutazione del fattore astrofisico $S_{b} ( E_{G} )$ ad energia EG. La fig. 5 mostra un esempio di estrapolazione con una valutazione del fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E_{G} )^{estrap}$ in un intervallo energetico in cui successivamente è stata evidenziata, e misurata, una nuova risonanza.

Per potere misurare la sezione d’urto $S_{b} ( E )$ all’energia $E_{G}$, evitando il problema dell’estrapolazione, la prima via utilizzata è stata quella sperimentale. A questo scopo per misurare in laboratorio le sezioni d’urto d’interesse astrofisico a più basse energie e con sempre maggiore precisione sono utilizzati laboratori “underground”, collocati in gallerie o miniere di sale, che sono protetti dal fondo di particelle provenienti dallo spazio per mezzo di schermi naturali costituiti da montagne di rocce (per esempio nel caso dei Laboratori Nazionali Gran Sasso da alcune gallerie sotto il monte). In parallelo, inoltre, sono stati potenziati tutti gli apparati sperimentali sia per massimizzare l’angolo solido coperto dai rivelatori, sia per aumentare le intensità delle particelle accelerate (sviluppando e/o utilizzando nuovi acceleratori), anche attraverso sistemi magnetici ad alta soppressione che consentono di separare le particelle legate alla stessa reazione d’interesse da quelle provenienti dal fondo legato alla stessa reazione studiata.

3.4 Limite alle misure dirette del $S_{b} ( E )$: lo screening elettronico

Fin dalle prime misure del fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E )$ ottenute ad energia molto bassa (prossima anche ad $_{G}$), grazie ai miglioramenti sperimentali è stato evidenziato un effetto, non atteso, che portava ad un aumento del fattore astrofisico $S_{b} ( E )$ al decrescere dell’energia tra le particelle collidenti (fig. 6). Questo effetto, chiamato “effetto di screening elettronico”, è stato attribuito alla presenza degli elettroni atomici nei nuclei interagenti.

Esso è spiegato con il fatto che le nuvole elettroniche che circondano i nuclei interagenti (che sono in effetti ioni, atomi o molecole) schermano le cariche nucleari in modo tale che la particella (“proiettile”) veda una barriera di Coulomb ridotta. Questo porta, a sua volta, a una sezione d’urto per i nuclei “schermati”, $\sigma_{S} ( E )$ (e che è lo stesso del fattore astrofisico di nucleo schermato $S_{S} ( E )$), superiore a quella che avremmo ottenuto nel caso in cui i nuclei fossero stati privi di elettroni.

Per parametrizzare questo aumento della sezione d’urto è generalmente introdotto in laboratorio un fattore di schermo elettronico, flab, definito come

(5) $f_{lab} ( E ) = [ \sigma_{S} ( E ) / \sigma_{b} ( E ) ] = [ S_{S} ( E ) / S_{b} ( E ) ] \sim exp ( \pi\eta ( [ U_{e} ]^{sper} / E ) ) $,

dove $[ U_{e} ]^{sper}$ è l’energia potenziale di screening elettronico.

A causa degli effetti dovuti allo screening elettronico, in tutti i calcoli le sezioni d’urto, $\sigma_{S} ( E )$, di una reazione x+B→C+D devono essere corrette per il fattore $f_{lab} ( E )$.

Questi effetti rimangono tuttora non totalmente compresi sia dal punto di vista teorico sia da quello sperimentale. Molti studi sono stati fatti, e continuano ad esserlo, tenendo in considerazione sia effetti legati alla perdita di energia, sia possibili contributi d’origine atomica e sia contributi dovuti alla presenza di effetti di struttura nucleare.

In conclusione possiamo affermare che allo stato attuale, escludendo la possibilità di calcolare il fattore di schermo elettronico in laboratorio $f_{lab} ( E )$ per via teorica, per determinare il fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E_{G} )$ (necessario per il calcolo del rate di reazione $R ( E )_{pl}$) la via comunemente utilizzabile è, ancora una volta, quella dell’estrapolazione del fattore $S_{b} ( E_{G} )$ da misure a più alta energia fino all’ energia di Gamow $E_{G}$.

Per superare i limiti posti alle misure dirette, nei casi in cui sono presenti effetti di barriera coulombiana e di screening elettronico, e potere determinare senza utilizzare le procedure di estrapolazione, il rate di reazione $R ( E )_{pl}$, la sezione d’urto di reazione $\sigma ( E )_{pl}$, sono state introdotte e sviluppate nuove tecniche indirette di misura. Tra queste tecniche più utilizzate vi è il metodo del Trojan Horse (THM) di cui discuteremo in dettaglio qui di seguito.

4 Il Trojan Horse Method

La fig. 7 mostra uno schema semplificato che aiuta a comprendere, nell’ambito dei principali meccanismi di reazione nucleare tra particelle leggere e a bassa energia, la collocazione del THM. Dallo schema possiamo capire che la teoria del meccanismo di reazione quasi libero, che è la base su cui poggia il THM, appartiene alla più grande famiglia dei meccanismi di reazione di tipo diretti.

Lo schema mostra che ad una reazione con due particelle (A e B) nello stato iniziale e con tre particelle (C, D e S) in quello finale (reazione A+B→C+D+S) possono contribuire tre meccanismi di reazioni principali che portano ad avere, nel canale di uscita, le stesse tre particelle C, D e S (caselle gialle di fig. 7).

L’idea base del THM è che si possa misurare la sezione d’urto di nucleo nudo $\sigma_{b} ( E_{G} )$ di una reazione d’interesse astrofisico (all’energia di Gamow),

(6) A+B→C+D,

attraverso la misura del contributo del processo quasi libero alla sezione d’urto di una opportuna reazione a tre corpi

(7) A+B→C+D+S.

Questo processo può essere descritto attraverso il diagramma di fig. 8 dove è supposto che il nucleo A abbia un'alta probabilità di potere essere descritto come formato da due cluster x e S. Il cluster x (chiamato cluster partecipante) interagisce con B, mentre il cluster S rimane come spettatore al processo di interazione tra x e B, eq. (6). Se l’energia cinetica $E_{A}$ del nucleo proiettile A è più grande del massimo dell’energia della barriera coulombiana $[ B_{AB}]^{coul}$, esistente tra le particelle A e B, il nucleo A può essere portato dentro la regione d’interazione nucleare, del nucleo B, dove può anche spezzarsi nei cluster x e S. Se vogliamo studiare una reazione d’interesse astrofisico ad energie di Gamow la prescrizione sull’energia relativa tra il cluster x e il nucleo B, $E_{xB}$, è

(8) $E_{xB} < [ B_{xB}]^{coul}$ ,

dove $[ B_{xB}]^{coul}$ è il massimo dell’energia della barriera coulombiana tra x e B.

Aiutandoci con la mitologia greca, il processo avviene come se il nucleo A agisse da cavallo di Troia in quanto trasporta il cluster x (Ulisse e i guerrieri) nella regione d’interazione nucleare del nucleo B (dentro la città di Troia) senza incontrare la repulsione della barriera coulombiana $[ B_{xB}]^{coul}$ (mura fortificate). Inoltre il cluster x, essendo già prossimo al nucleo B, può interagire con B dando luogo alla reazione a due corpi x+B→C+D anche ad energie astrofisiche. La reazione non è influenzata dalla presenza dalla particella spettatrice S (il cavallo di Troia senza soldati).

L’energia tra x e B nel sistema del centro di massa $E_{cm} ( = E_{xB} )$ è ottenuta da

(9) $E_{cm} = E_{CD} - Q_{ ( x+B \rightarrow C+D ) }$ ,

dove $E_{CD}$ è l’energia relativa tra le particelle uscenti C e D e $Q_{ ( x+B \rightarrow C+D ) }$ è il Q-valore della reazione x + B→C+D. Selezionando opportune condizioni cinematiche tali che $E_{CD}$ sia uguale a $Q_{ ( x+B \rightarrow C+D ) }$, si ha

(10) $E_{cm} = 0 $.

Quindi, a fortiori, possiamo misurare la sezione d’urto $\sigma ( E ) $anche all’energia $E_{G}$.

Inoltre occorre precisare che, affinché il processo sia descrivibile attraverso un diagramma di Feynman (fig. 8), occorre selezionare i moduli degli impulsi relativi $p_{x-S}$ (tra i cluster x e S nel nucleo A) tali che sia soddisfatta la relazione

(11) $0 \le p_{x-S} \le k_{x-S}$,

dove $k_{x-S}$ è il modulo degli impulsi relativi x-S nel caso in cui i due cluster fossero quasi non legati (on energy shell (OES)). Quindi ai fini dell’analisi dei dati e della selezione degli eventi occorre sempre tenere conto del limite introdotto dalla eq. (11).

La sezione d’urto della reazione A+B→C+D+S può essere espressa, in molti casi, in approssimazione impulsiva in onda piana (PWIA) come

(12) $ \frac{d^{3}\sigma}{d\Omega_{1}d\Omega_{2}dE_{1}} \propto ( KF ) \Phi^{2} ( p_{S} ) [ \frac{d\sigma}{d\Omega} ]^{HOES}_{x+B\rightarrow C+D} $

dove

i) $KF$ è un fattore cinematico;
ii) $\Phi^{2} ( p_{S} )$ è la distribuzione dell’impulso dello spettatore S dentro il nucleo A,
iii) $ [ \frac{d\sigma}{d\Omega} ]^{HOES}_{x+B\rightarrow C+D} $ è la sezione d’urto differenziale, Half Off Energy Shell (HOES), della reazione (virtuale) x+B→C+D.

La sezione d’urto a due corpi HOES è ottenibile dall’eq. (12) se la sezione d’urto a tre corpi $ \frac{d^{3}\sigma}{d\Omega_{1}d\Omega_{2}dE_{1}}$ e la distribuzione d’impulsi sperimentale $| \Phi^{2} ( p_{x-S} ) |^{exp}$ sono misurate e il fattore cinematico KF è calcolato:

(13) $ [ \frac{d\sigma}{d\Omega} ]^{HOES}_{x+B\rightarrow C+D} \propto \frac{\frac{d^{3}\sigma}{d\Omega_{1}d\Omega_{2}dE_{1}}}{( KF ) [ \Phi^{2} ( p_{S} ) ]_{exp} }$.

Conoscendo la distribuzione angolare della sezione d’urto in funzione dell’angolo $[ d\sigma ( E, \theta_{cm} ) / d\Omega ]^{HOES}$ d’interesse, dalla eq. (13) si ha la sezione d’urto totale $[ \sigma ( E ) ]^{HOES}$.

5 Selezione degli eventi

La selezione degli eventi è la peculiarità fondamentale dell’applicazione del THM. Dalle conoscenze attuali dei tre meccanismi di reazione (indicati con caselle in giallo in fig. 7) e utilizzando le loro proprietà, si possano trovare dei criteri che fissano delle condizioni, almeno necessarie, per la collocazione dei singoli eventi nell’ambito di ciascuno dei tre meccanismi.

Dopo la calibrazione il passo successivo è la prima selezione degli eventi compresi dentro il picco del Q-valore della reazione A+B→C+D+S. Il secondo passo è quello di discriminare tra gli eventi selezionati quelli che sono anche compatibili con il meccanismo quasi libero. In questo contesto la principale grandezza osservabile che risulta essere molto sensibile al meccanismo di reazione è la forma della distribuzione d’impulso sperimentale $| \Phi^{2} ( p_{x-S} ) |^{exp}$. Successivamente, ricavata la sezione d’urto a due corpi (eq. (13)), occorre che siano effettuati dei test di validità. Solo allora si può usare il THM per ottenere la sezione d’urto e/o il fattore astrofisico e/o il rate di reazione per l’applicazione astrofisica.

È solo grazie a questa selezione preliminare che ci è consentito di utilizzare un formalismo teorico semplificato (eq. (14)).

6 Test di validità

L’equazione (12), che rappresenta il meccanismo di reazione quasi libero, ha la rimarchevole caratteristica che l’ampiezza di reazione è fattorizzabile e quindi è possibile esprimere la sezione d’urto della reazione attraverso quella di un processo virtuale x+B→C+D (vertice colore azzurro del ramo destro del diagramma di fig. 8).

Dal confronto tra l’andamento delle sezioni d’urto $[ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{OES}$, misurata attraverso una reazione binaria della reazione x+B→C+D, e quella $[ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{HOES}$, si può ottenere un test di verifica della bontà del metodo indiretto utilizzato. Condizione necessaria affinché i dati della misura indiretta possano essere presi in considerazione per le successive analisi è che l’andamento dei dati estratti dalla misura diretta siano in accordo con quelli ottenuti attraverso la misura indiretta (cioè deve essere $[ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ] \propto [ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{HOES}$ ) in una opportuna regione energetica in cui non siano presenti effetti di screening elettronico. Ma prima di potere effettuare questo confronto occorre considerare che la reazione è indotta dentro il campo nucleare di B, e quindi la sezione d’urto $[ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{HOES}$ ottenuta corrisponde al solo contributo nucleare (fig. 9a). Quindi, prima di procedere al confronto occorre correggere la sezione d’urto ottenuta attraverso il meccanismo quasi libero $[ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{HOES}$ introducendo la penetrabilità $P_{l}$ della barriera coulombiana (fig. 9b). La sezione d’urto così ottenuta è quella che indichiamo come “sezione d’urto Trojan Horse”, ed è definita dalla relazione

(14) $ [ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{TH} = [ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{HOES} P_{l} ( kr )$,

dove $P_{l}$ è la probabilità di penetrazione attraverso la barriera.

Pertanto possiamo concludere affermando che la condizione necessaria per la validità della descrizione del meccanismo di reazione attraverso il diagramma di fig. 8 è che la sezione d’urto totale (o differenziale) a due corpi $ [ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{TH} $ sia proporzionale alla sezione d’urto totale (o differenziale) della reazione binaria $ [ \sigma ( \theta_{cm}, E_{cm} ) ]^{OES}$ (eq. (14)).

La fig. 10 mostra un differente test di verifica della validità del THM. L’ipotesi fondamentale del THM è che la reazione x+B→C+D avvenga nel campo nucleare di B quindi senza contributo degli effetti coulombiani. Dal confronto tra i dati ottenuti in esperimenti diretti della sezione d’urto dello scattering elastico $p ( p,p ) p$ si nota che la $\sigma ( E )_{p ( p,p ) p}$ mostra una netta buca, mentre i dati della $[ \sigma ( E )_{p ( p,p ) p} ]^{TH}$ ottenuti attraverso il THM mostrano un andamento lentamente variabile nella stessa regione energetica. Questo risultato è in pieno accordo con l’ipotesi del THM che la reazione ha luogo all’interno del campo nucleare del protone. Infatti se vi fossero stati effetti coulombiani sarebbe stato presente, come nel caso della misura diretta, una buca nella $[ \sigma ( E )_{p ( p,p ) p} ]^{TH}$ dovuta all’interferenza coulombiano-nucleare.

7 Sezione d’urto in unità assolute

La scala assoluta del fattore astrofisico di nucleo nudo $[ S_{b} ( E ) ]^{TH}$ è ottenuta attraverso la normalizzazione al fattore astrofisico $[ S_{b} ( E ) ]^{OES}$ della reazione binaria x+B→C+D (misura diretta (fig. 11).

Quando non sono presenti dati in letteratura o nei casi in cui la funzione d’eccitazione studiata comprende la presenza di molte risonanze caratterizzate da parametri nucleari diversi tra di loro in parte o totalmente e/o effetti possibili di interferenza tra le varie risonanze, questa procedura semplice non è applicabile. In questi ultimi casi si deve utilizzare un approccio più complesso che consente attraverso il calcolo chiamato R-matrix modificato di ottenere i valori assoluti (fig. 5).

8 Esempio di applicazione del THM: la reazione 10B+p→α + 7Be

Il THM è attualmente l’unico metodo indiretto in Astrofisica Nucleare che consente, quando non è possibile con esperimenti diretti, di misurare il fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E )$ di una reazione tra le particelle cariche, ad energie di Gamow, superando il problema della criticità della procedura di estrapolazione.

Un caso di esempio di applicazione del THM è quello relativo alla misura del fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E )$ della reazione 10B+p → α+7Be. La particolarità di questa reazione è che l’energia di Gamow è $E_{G} = 10$ keV che è anche la stessa energia alla quale l’andamento del fattore astrofisico $S_{b} ( E )$ presenta una risonanza.

Dai dati vediamo che le misure del fattore astrofisico di nucleo schermato $S_{b} ( E )$ sono presenti fino a circa 22 keV e quindi non raggiungono l’energia della risonanza. Il fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b} ( E )^{estrap}$ è stato pertanto calcolato attraverso la procedura di estrapolazione. Essendo disponibili queste misure, ottenute con esperimenti diretti ad energie ultra-basse, è possibile utilizzare il fattore astrofisico di nucleo nudo ottenuto attraverso il THM per la valutazione, indispensabile per la determinazione precisa della sezione d’urto in un plasma stellare, del potenziale di screening elettronico $[ U_{e} ]^{sper.}$, presente nelle misure di laboratorio.

Infatti con il THM, utilizzando la misura indipendente del fattore astrofisico $S_{b} ( E )^{Th}$ del nucleo nudo e quella del fattore astrofisico $[ S_{b} ( E ) ]^{OES}$ di nucleo schermato, il potenziale di screening elettronico $[ U_{e} ]^{sper}$ può essere ricavato dalla relazione

(15) $[ U_{e} ]^{sper} = \frac{E}{\pi\eta} ln \frac{S_{S}( E )^{OES}}{S_{b}( E )^{Th}}$.

In fig. 12 è mostrato il fattore astrofisico di nucleo nudo $S_{b}( E )^{Th}$ ottenuto attraverso il THM. Dettagli sugli esperimenti effettuati e sulle misure del fattore astrofisico di nucleo nudo e del potenziale di screening elettronico, effettuate attraverso il THM, sono riportati nei lavori.

9 Esperimenti in collaborazioni nazionali ed internazionali

La tabella 2 mostra i nuclei Trojan Horse utilizzati negli esperimenti indiretti (elencati in tabella 3). In base alla esperienza sullo studio dei meccanismi quasi liberi e in considerazione delle possibili reazioni d’interesse astrofisico da investigare, i nuclei Trojan Horse che maggiormente sono stati utilizzati sono il deutone d = p + n (reazioni n. 1–2, 4–13, 15–20), il litio-6 6Li = α + d (reazioni n. 3, 14, 21, 23–25).

Qui di seguito sono elencate le principali problematiche e/o i diversi campi di applicazioni astrofisiche del THM e le indicazioni sulle relative reazioni studiate, secondo l’ordine numerico riportato nella tabella 3:

i) depletion dei nuclei leggeri Li, B e Be; Electron screening (reazioni n. 1-7);
ii) novae (reazioni n. 8-11);
iii) il problema del fluoro negli AGB (reazioni n. 12-14); iv) BB nucleosintesi (reazioni n. 20-23);
v) reazioni tra carbonio 12C e tra 16O (reazioni n. 25-27).

10 Conclusioni

10.1 Quali sono i vantaggi dell’utilizzo del THM?

Poiché la selezione dei dati utilizzati per l’applicazione del THM è ottenuta partendo dai dati di sezioni d’urto a tre corpi, tipicamente da un milione ad un miliardo di volte più grandi di quelle misurate nei processi diretti, si ha:

i) Una statistica molto più alta a parità di tempo di misura. Questa caratteristica è molto importante nel caso di studio di reazioni indotte da fasci radioattivi su bersagli stabili o da fasci stabili su bersagli radioattivi.
ii) Un tempo di misura molto più breve, in genere da due a tre settimane massimo, da confrontare con tempi dell’ordine di sei-dodici mesi, tipici delle reazioni con sezioni d’urto dell’ordine dei pico o nanobarn.
iii) La possibilità di potere misurare la funzione d’eccitazione delle sezioni d’urto $\sigma_{b}( E_{G} )$ e/o dei fattori astrofisici di nucleo nudo $S_{b}( E_{G} )$ su largo intervallo di energia $\Delta E_{cm}$ con una singola misura.
iv) La possibilità di utilizzare apparati, di grande precisione e risoluzione, di piccole dimensioni.

10.2 Quali sono le prospettive di applicazione del THM?

In particolare nel caso di reazioni tra neutroni e nuclei stabili sono state utilizzate “targhette di neutroni”, ottenute con fogli di CD2 (polietilene deuterato). Tra i nuclei il deutone ha molte proprietà che lo pongono al primo posto come sorgente di protoni virtuali e neutroni virtuali (vedi tabella 3: reazioni n. 15–18).

Il THM, nella prima fase allo studio, è stato applicato per misurare le sezioni d’urto $\sigma ( E_{G} )$ e il fattore astrofisico $S ( E_{G} )$ di nucleo nudo all’energia di Gamow, di reazioni principalmente del tipo $( p, \alpha )$ tra particelle cariche (vedi tabella 3: reazioni n. 1, 2, 4–13).

In parallelo l’uso del THM è stato esteso anche allo studio di reazioni $( n, \alpha )$ tra nuclei stabili indotte da neutroni. Attualmente sono già iniziate misure di sezioni d’urto di reazioni indotte da fasci radioattivi su targhette di neutroni. In questo contesto sono già stati effettuati primi esperimenti di reazioni tra fasci radioattivi 18F e “targhette di neutroni virtuali” (reazioni n. 15–18).

Più di recente è iniziata l’applicazione del THM per accedere a regioni energetiche che erano state finora inesplorate, per lo studio di reazioni di fondamentale interesse astrofisico in cui sono coinvolti nuclei più pesanti quale l’ossigeno e il carbonio. Questi esperimenti hanno portato alla misura di sezioni d’urto in reazioni tra ioni pesanti 12C+12C e 16O+16O fondamentali per comprendere le fasi finali dell’evoluzione di una stella. In particolare i risultati della misura dei canali di reazioni della 12C+12C hanno suscitato l'interesse della comunità scientifica internazionale ed i risultati appariranno nella prestigiosa rivista internazionale Nature. I dati relativi alla seconda reazione sono in corso di elaborazione e si spera di poterli potere presentare entro quest’anno.

Una descrizione più ampia delle singole applicazioni astrofisiche con il THM si può trovare negli articoli di “review” riportati in bibliografia.