Astrophysics with neutrinos

M. Spurio


ASTROFISICA CON NEUTRINI
Un nuovo modo di vedere il cielo


1 Neutrini dal cosmo

Il neutrino è la particella più elusiva che conosciamo: quando fu ipotizzato da W. Pauli nel 1930 si temeva che non potesse essere mai rivelato. Il motivo è che esso è privo di carica elettrica, e la sua probabilità d’interazione con la materia ordinaria è molto piccola. Oggi sappiamo che i neutrini sono prodotti dai processi di fusione nucleare che mantengono in vita le stelle (come quelli di energia dell’ordine del MeV in arrivo dal Sole e misurati da rivelatori sotterranei), dalle esplosioni conseguenti il collasso gravitazionale stellare (come i neutrini dell’ordine delle decine di MeV osservati in coincidenza con la supernova 1987A), dalle interazioni tra particelle cariche accelerate da meccanismi astrofisici, dalla radioattività e dai reattori nucleari presenti sulla Terra (fig. 1). Tuttavia, il flusso di neutrini in arrivo su una certa superficie decresce molto al crescere della loro energia: occorrono quindi esperimenti di scala gigantesca per potere rivelare i neutrini di energia estrema.

Sino al 1930, del mondo subatomico si conoscevano soltanto il protone, l’elettrone e il fotone. Prima dell’avvento degli acceleratori (verso la fine degli anni '50) lo studio della radiazione ionizzante che bombarda costantemente la superficie terrestre, chiamata radiazione cosmica, contribuì in modo fondamentale alla comprensione del mondo subatomico. L’altissima energia cinetica posseduta dai raggi cosmici (RC) permette infatti la creazione di nuove particelle, tramite la conversione di energia (E) in massa (m), in base alla relazione einsteiniana $E=mc^2$.

Le particelle in arrivo sulla sommità dell’atmosfera sono circa 105 per m2 e per secondo, e vengono chiamate RC primari. Lo studio dell’origine, dei meccanismi di accelerazione e della propagazione dei RC primari è uno dei più affascinanti campi di studio dell’astrofisica e la parte relativa ai neutrini è, come vedremo, di estrema importanza.

Le particelle prodotte dai primari nell’interazione coi nuclei dell’atmosfera vengono chiamate RC secondari. Le particelle secondarie in arrivo al livello del mare sono ridotte di un fattore circa 1000 rispetto al numero di primari in arrivo sulla sommità dell’atmosfera. Per ridurre ulteriormente il flusso di particelle ionizzanti in un rivelatore occorre andare in profondità. L’acqua, il ghiaccio oppure il terreno e la roccia terrestre provvedono a ridurre ulteriormente il fondo dovuto a RC secondari. Per questo motivo, tutti gli esperimenti per lo studio dei neutrini e che richiedono un bassissimo fondo di radiazione ambientale, sono disposti in profondità.

Il focus di questo articolo è sui neutrini di origine astrofisica, per la cui rivelazione sono necessari enormi apparati sperimentali posti sotto grandi spessori di acqua o di ghiaccio del Polo Sud e denominati telescopi di neutrini.

2 Il problema dell’origine dei raggi cosmici

Il Sole accelera protoni e altri nuclei fino a energie dell’ordine di una decina di GeV (ossia, a energia cinetica pari circa 10 volte quella della massa a riposo del protone). Non sembra esistere un processo dinamico che permetta alle stelle di accelerare RC ad energie molto più grandi. Si pensa quindi che la maggior parte degli RC in arrivo sulla Terra possa essere accelerata sino ad energie di circa un milione di GeV (1015 eV) da meccanismi che coinvolgono resti di supernovae recenti. In aggiunta, oggetti specifici nella nostra Galassia (pulsar giovani, o particolari sistemi binari composti da una stella e un buco nero) potrebbero accelerare RC sino a 1018–1019 eV. Infine, RC di energia estrema potrebbero essere originati da oggetti extragalattici, quali i nuclei di galassie attivi (AGN), oppure dal meccanismo responsabile dei getti di raggi gamma (gamma-ray bursts, GRB). I GRB vengono originati in due tipologie osservativamente differenti: dell’esplosione di una stella gigantesca (GRB detti di lunga durata, generalmente sino qualche decina di secondi); della coalescenza di due oggetti compatti (GRB corti, di durata inferiore a 2 s). In questo ultimo caso, possono essere due stelle di neutroni che si uniscono dopo aver spiraleggiato una attorno all’altra.

Tuttavia, le prove sperimentali del quadro sinora esposto sono ancora lacunose. Il problema è che la Galassia (e anche le regioni di spazio tra le galassie) ospita campi magnetici che deflettono gli RC carichi. Quindi, osservare la direzione di provenienza di un protone, elettrone o nucleo non permette di individuare la sorgente che lo ha accelerato. Per questo, occorre utilizzare sonde neutre, che non possono essere deflesse dai campi magnetici. Le uniche particelle prive di carica elettrica provviste dalla natura capaci di percorrere regioni dell’universo molto estese sono i fotoni e i neutrini. Raggi gamma (con simbolo $\gamma$: così sono chiamati i fotoni di energia estrema) e neutrini ($\nu$) sono prodotti a seguito dell’interazione degli RC con la materia (o il campo di radiazione) in prossimità della sorgente, come illustrato in fig. 2.

Esperimenti che misurano con precisione raggi gamma sono entrati in funzione nell’ultima decade. Fotoni di energia sino a 300 GeV sono rivelati con l’esperimento su satellite Fermi-LAT; quelli da ~100 GeV sino a circa 100 TeV (1 TeV =103 GeV) sono invece rivelati con particolari telescopi a Terra (esperimenti quali MAGIC, VERITAS, HESS, HAWC e, nel prossimo futuro, CTA). Uno dei problemi dell’astronomia con raggi gamma, tuttavia, è il fatto che questi possono essere assorbiti dalla materia che si frappone tra la sorgente e la Terra. I neutrini, invece, soffrono molto meno della presenza di materiale assorbente.

Una delle caratteristiche generali dei meccanismi di accelerazione astrofisici a cui sono sottoposte particelle cariche e stabili (ossia: protoni, elettroni e nuclei) è che il loro numero decresce al crescere dell’energia. Questo è vero non solo per le particelle direttamente accelerate, ma anche per quelle secondarie (quali i raggi gamma e i neutrini) prodotte dalla loro interazione. Il modello matematico (sviluppato da una originale idea di E. Fermi) prevede che il numero N di particelle accelerate con una certa energia E in prossimità di una sorgente decresca come

$ \frac{\mathrm{d}N}{\mathrm{d}E}\sim E^{- \Gamma} \qquad \mathrm{con} \quad\Gamma \simeq 2 .$

La stessa cosa vale per le particelle secondarie: il loro numero decresce con una identica dipendenza dall’energia dei primari, ossia $\propto E^{-2}$. Infine, poiché i neutrini non sono deflessi o assorbiti durante la propagazione, ci si aspetta che il loro flusso sulla Terra segua lo stesso andamento energetico. Il flusso dei neutrini astrofisici mostrato in fig. 1 decresce come $E^{-2}$.

3 Esperimenti per la rivelazione di neutrini di energia elevatissima

L’idea per la realizzazione di quelli che oggi chiamiamo telescopi di neutrini fu del russo M. A. Markov (in fig. 3 insieme a un altro personaggio fondamentale per la fisica del neutrino, Bruno Pontecorvo), che all’inizio degli anni '60 propose di porre un numero molto elevato di rivelatori ottici, ossia fotomoltiplicatori (PMT), sotto un grande spessore di acqua marina o di un lago, attrezzando un volume dell’ordine di 1 km3. L’acqua avrebbe fornito il mezzo (gratuito) in cui i neutrini di altissima energia avrebbero interagito. Inoltre, poiché l’acqua (e il ghiaccio a grande profondità in Antartide) è trasparente, la luce emessa per effetto Cherenkov dalle particelle cariche prodotte dall’interazione sarebbe stata raccolta dai PMT. Infine, ponendo la strumentazione in profondità, si avrebbe avuto la schermatura necessaria per ridurre di molti ordini di grandezza la radiazione di luce solare e il flusso dei RC secondari.

La sfida offerta da questa proposta dal punto di vista sperimentale è enorme. Occorre disporre di un numero di rivelatori ottici almeno pari a quelli di Super-Kamiokande (circa 10000), ma lungo stringhe o torri di 1 km di lunghezza e da immergere in profondità (fig. 4). Per avere una idea, se si vuole rendere attivo il volume di 1 km3 di acqua disponendo una griglia di 10000 PMT egualmente distanziati, la loro distanza deve essere di circa 50 m uno dall'altro.

Un primo tentativo per far funzionare una stringa sott’acqua iniziò negli anni '80 con una collaborazione russo-americana (DUMAND) che cercò di realizzare un esperimento a 4.5 km di profondità nel Pacifico, al largo delle isole Hawaii. La tecnologia sottomarina dell’epoca non era sufficientemente avanzata e il tentativo fallì. In seguito, gli americani iniziarono a costruire un telescopio di neutrini sotto il ghiaccio dell’Antartide (lo spessore di ghiaccio è di circa 2.5 km), mentre i russi iniziarono gli studi per la realizzazione di un telescopio nel lago Baikal, alla profondità di 1.1 km. Per loro conto, gli europei avevano intanto iniziato le attività di ricerca e sviluppo per costruire un rivelatore nel mar Mediterraneo.

Ci si aspetta che le sorgenti astrofisiche, tenendo conto della loro distanza e delle oscillazioni dei neutrini, inviino sulla Terra in egual numero $\nu_{e}$, $\nu_{\mu}$, $\nu_{\tau}$ (e i rispettivi antineutrini). Alle altissime energie, essi possono interagire indifferentemente su protoni e neutroni del mezzo. Quando interagiscono attraverso le cosiddette interazioni a corrente carica (CC), nello stato finale viene prodotto il corrispondente leptone carico (ossia, un elettrone nel caso di $\nu_{e}$ oppure un muone nel caso di $\nu_{\mu}$). Questo trasporta in media oltre il 50% dell’energia del neutrino incidente, mentre la rimanente energia è usata per creare molte particelle adroniche, ossia composte da quark.

Analizziamo ora, riferendoci alla fig. 5, le due diverse topologie di eventi in un telescopio di neutrini. A destra, l’elettrone prodotto dal $\nu_{e}$ è un particella leggera ed estremamente energetica che emette radiazione di frenamento (chiamata tecnicamente bremsstrahlung). In breve, si viene a creare una cascata di un numero elevatissimo di raggi gamma, elettroni e positroni, chiamata cascata elettromagnetica, che si sviluppa in una regione di spazio che si estende in acqua per una decina di metri. Il numero di particelle nella cascata è proporzionale all’energia dell’elettrone, e quindi proporzionale all’energia del neutrino incidente. Le particelle cariche producono luce Cherenkov e una piccola frazione della luce emessa viene raccolta dai PMT. Complessivamente, questa cascata può essere approssimata come un ellissoide di dimensioni molto minore della distanza tra i sensori ottici del telescopio. I segnali raccolti da tutti i PMT coinvolti nell’evento vengono usati per ricostruire l’energia del neutrino (proporzionale alla quantità di luce raccolta) e la sua direzione di provenienza. Quindi, gli eventi che inducono una cascata permettono di stimare piuttosto accuratamente l’energia del neutrino; la direzione di provenienza è ricostruita più approssimativamente, con precisione di 3°–4° nei casi migliori.

Nel caso di un muone (a sinistra nella figura) prodotto dal $\nu_{\mu}$ la situazione è completamente differente. Il muone (la cui massa è oltre 200 volte maggiore di quella dell’elettrone) emette molto meno radiazione di frenamento e può propagarsi praticamente lungo una retta per distanze anche dell’ordine di parecchi chilometri. Durante la propagazione, il muone emette luce Cherenkov che viene raccolta da diversi PMT disposti in prossimità del suo passaggio. I segnali permettono di ricostruire con relativa precisione la direzione del muone (e quindi del neutrino che lo ha prodotto), arrivando a precisioni di 0.2°–0.3°. Viceversa, l’energia del neutrino viene stimata con accuratezza inferiore rispetto al caso della cascata elettromagnetica.

Il tau prodotto dal $\nu_{\tau}$ ha una situazione ibrida tra i due casi precedenti: in talune situazioni può essere visto principalmente tramite la cascata elettromagnetica; in altre, poiché il tau ha un comportamento analogo al muone, può essere visto come una traccia. Poiché non ci aspettiamo $\nu{\tau}$ tra i neutrini di origine terrestre, l’osservazione (peraltro, molto difficile) di tale tipo di neutrino sarebbe indicazione sicura di una origine astrofisica.

Infine, neutrini di tutti e tre i sapori possono interagire con protoni e neutroni dei nuclei in un processo detto a corrente neutra (NC) in cui parte dell’elevata energia del neutrino è usata per creare molti adroni.

La maggior parte di queste particelle sono instabili e decadono in altre particelle. Tutto questo produce una cascata di adroni (identica per i tre tipi di neutrini) che ha caratteristiche molto simili a quella prodotta da elettroni.

Per l’astronomia di neutrini, ossia la possibilità di identificare con precisione la posizione delle sorgenti, l’osservazione dei muoni prodotti dal basso verso l’alto da interazioni di $\nu_{\mu}$ rappresenta quindi il canale privilegiato. Solo i neutrini, infatti, possono attraversare la Terra senza essere sensibilmente assorbiti, e le tracce dovute al passaggio di un muone vengono ricostruite con la migliore risoluzione angolare possibile per questo tipo di esperimenti. Tuttavia, anche negli eventi verso l’alto, è presente il fondo irriducibile dovuto ai neutrini atmosferici.

4 I telescopi di neutrini in funzione

Tenendo conto del fondo dovuto ai RC secondari (principalmente muoni) che si propagano verso il basso e dei neutrini atmosferici in arrivo da tutte le direzioni, neutrini di origine astrofisica possono essere selezionati in tre modalità:

– evidenziando un eccesso di eventi da una posizione nel cielo, usando prevalentemente la direzione ricostruita delle tracce dovute al passaggio di muoni provenienti dal basso;
– evidenziando un eccesso di eventi di più alta energia rispetto a quanto aspettato nei neutrini atmosferici, prevalentemente usando gli eventi che inducono cascate. In questo caso, anche eventi provenienti dall’alto possono essere studiati;
– selezionando eventi in coincidenza con altri segnali, dovuti a raggi gamma, onde gravitazionali o altro (metodo multi-messaggero).

Attualmente, i tre telescopi di neutrini in funzione nel mondo sono IceCube in Antartide, GVD in Siberia e ANTARES nel mar Mediterraneo.

ANTARES, costruito tra il 2006 e il 2008, è mantenuto in funzione da una collaborazione di istituzioni e università europee ed è installato al largo di Tolone (Francia) a circa 40 km dalla costa, ad una profondità di 2400 metri (fig. 6). L’installazione e le eventuali operazioni di riparazione del rivelatore richiedono l’utilizzo di navi e di sottomarini teleguidati. I PMT sono racchiusi in sfere di vetro resistenti alla pressione (che arriva a 250 atmosfere alla profondità massima). Le correnti marine possono spostare lateralmente le boe e quindi tutti i PMT, anche di diverse decine di metri. Le procedure per determinare il corretto posizionamento dei sensori istante per istante e quelle di calibrazione assumono per tale esperimento importanza fondamentale. Infine, la radioattività nell’acqua di mare e la presenza (anche a grandi profondità) di organismi marini che emettono piccoli impulsi luminosi rappresentano difficoltà addizionali per l’elettronica di selezione del segnale e il sistema di acquisizione dati. ANTARES ha dimostrato che si possono vincere tutte le difficoltà tecniche che si sono presentate nella realizzazione e nel funzionamento di un telescopio di neutrini nelle profondità marine. Completato nel 2008, il telescopio ha continuamente preso dati, studiano il cielo Sud con alta efficienza. Il suo spegnimento è previsto per la fine del 2020, in concomitanza dell’avvento di KM3NeT (vedi avanti).

L’esperimento IceCube (fig. 7), condotto da una collaborazione internazionale con prevalenza statunitense, è stato installato sotto i ghiacci del Polo Sud tra il 2005 ed il 2010, a una profondità che va da 1450 a 2450 metri. Utilizza più di 5000 PMT, distribuiti su 86 stringhe lunghe circa 1000 m. Le stringhe sono state posizionate dopo aver creato fori nel ghiaccio con getti di acqua calda. La posizione delle stringhe è quindi fissata una volta per tutte e nessuna operazione di recupero/riparazione è possibile. Non sono necessarie (a differenza di esperimenti sottomarini) procedure di calibrazione per il posizionamento dei PMT. Inoltre il ghiaccio ha una trasparenza maggiore di quella dell’acqua, ha una contaminazione di elementi radioattivi trascurabile e non ha bioluminescenza. Tuttavia, minuscole bolle presenti nel ghiaccio aumentano la probabilità che la luce Cherenkov sia deflessa, peggiorando rispetto l’acqua la precisione nella misura della direzione delle tracce dei muoni.

Infine, l’esperimento GVD nel lago Baikal in Siberia è un esperimento in prevalenza russo e attualmente in fase di avanzata costruzione; la massima profondità delle acque del lago è di circa 1000 metri. Le caratteristiche del rivelatore, unite alla scarsa profondità del sito e la mediocre trasparenza delle acque lacustri, permetteranno la rivelazione di neutrini di energia molto elevata ma con scarsa precisione nella determinazione della direzione di provenienza.

5 I neutrini astrofisici osservati da IceCube

IceCube ha recentemente osservato neutrini di origine astrofisica. Come abbiamo detto, i neutrini atmosferici (originati cioè dall’interazione dei raggi cosmici con i nuclei dell’atmosfera) rappresentano un fondo irriducibile. Riferendoci di nuovo alla fig. 1, ci si aspetta che il numero di neutrini atmosferici decresca con l’energia come $E^{–3.7}$; i neutrini cosmici come $E^{–2}$. Quindi, oltre una certa energia di soglia (posta attorno qualche decina di TeV), i neutrini cosmici dovranno eccedere quelli atmosferici. Si tratta quindi di individuare e utilizzare qualche grandezza osservabile che permetta una stima dell’energia del neutrino incidente, e confrontare gli eventi misurati col fondo. Un eccesso negli eventi misurati è una indicazione di un flusso di neutrini extraterrestri.

IceCube ha evidenziato un eccesso di eventi sopra il fondo dei neutrini atmosferici in due campioni indipendenti di eventi. Il primo campione (denominato HESE, ossia High Energy Starting Events) è rappresentato dai neutrini che interagiscono in una regione fiduciale, interna al rivelatore. Gli strati esterni di IceCube sono usati come veto per i muoni atmosferici. Un evento che appare nel rivelatore senza essere visibilmente entrato (non rivelato dal veto) rappresenta l’arrivo di un neutrino, che interagisce poi all’interno del rivelatore trasformandosi in un leptone carico. In questa tipologia di eventi, nei dati raccolti a partire dal 2010 per un totale di circa 7.5 anni di presa dati, si evince un eccesso di eventi quando l’energia depositata è $>30$ TeV (fig. 8, sinistra). La gran parte di questi eventi sono del tipo cascata, e hanno una precisione nella ricostruzione angolare peggiore di 10°. Probabilmente, anche per questo motivo, non si è evidenziato nel campione sinora raccolto alcun eccesso da qualche direzione particolare. La seconda tipologia in cui IceCube ha evidenziato un eccesso di eventi (fig. 8, destra) è quella che utilizza neutrini muonici che producono una traccia passante. Questi eventi sono selezionati diretti verso l’alto e quindi (vista la posizione di IceCube al Polo Sud) provenienti dall’emisfero Nord del cielo. La precisione nella determinazione della direzione originaria del neutrino è, in questo caso, dell’ordine o migliore di 1°.

Tra i due campioni di eventi astrofisici vi è una discrepanza nella dipendenza dall’energia, che viene ottenuta dal migliore adattamento dei dati con una curva teorica del tipo $E^{-\Gamma}$. Nel campione di sinistra di fig. 8, gran parte degli eventi sono del tipo cascata e la dipendenza con l’energia ricostruita ha $\Gamma \simeq 2.9$. Nel campione di destra gli eventi sono provenienti dal cielo Nord, e il migliore adattamento con l’energia ricostruita ha $\Gamma = 2.2$.

Per questa discrepanza, sono possibili diverse interpretazioni:

– essa è semplicemente dovuta a una fluttuazione statistica, che scomparirà all’aumentare del numero di eventi;
– è un effetto del fatto che nel primo campione sono dominanti i $\nu_{e}$ (eventi cascata) e nel secondo i $\nu_{\mu}$ (eventi con traccia);
– è un effetto dovuto al fatto che nel primo campione vi sono eventi sia dal cielo Nord che dal cielo Sud, mentre nel secondo solo eventi dal cielo Nord.

L’ultima ipotesi è particolarmente attraente, in quanto il piano della Via Lattea è situato in prevalenza nel cielo Sud. L'emisfero Nord contiene solo una piccola parte del piano galattico. Quindi, mentre i neutrini provenienti dell'emisfero Nord potrebbero avere origine prevalentemente extra-galattica, i neutrini provenienti dal cielo Sud potrebbero avere una composizione mista, galattica ed extra-galattica. La sovrapposizione di due componenti potrebbe portare ad un eccesso di eventi con diverso indice spettrale nei due campioni di dati analizzati (questa è l’ipotesi preferita di chi scrive).

La discriminazione tra le tre menzionate ipotesi potrà risolversi solo con l'aumento del numero di eventi raccolti da IceCube e, soprattutto, con gli eventi misurati dal telescopio in costruzione KM3NeT. Questo infatti avrà intrinsecamente una sensibilità almeno paragonabile a quella di IceCube, una migliore visibilità dell'emisfero Sud celeste (col piano della Galassia) e una migliore risoluzione angolare per la misura degli eventi di tipo traccia.

Infine, un altro metodo che si sta imponendo per migliorare la comprensione complessiva dei fenomeni in studio è quello dell’astrofisica multi-messaggera (multimessenger).

6 Informazioni “multimessenger” in astrofisica

L'astronomia multimessenger mira a osservazioni coordinate a livello globale di raggi cosmici, neutrini, onde gravitazionali, raggi gamma e radiazione elettromagnetica su un’ampia regione di lunghezze d'onda.

L’evento di coalescenza di due stelle di neutroni, osservato con onde gravitazionali nell’agosto del 2017, ha rappresentato davvero una svolta nello studio dell’astrofisica. Esso è stato rivelato in concomitanza con un GRB visto da due satelliti e immediatamente studiato tramite molteplici osservazioni con tecniche tradizionali di astronomia. L’evento ha in particolare mostrato l’alta efficienza e funzionalità dei protocolli di allerta tra diversi esperimenti, come quelli coordinati dal Gamma-ray Coordinates Network (GCN) o dall’Astrophysical Multimessenger Observatory Network (AMON), essenziali per scambiare informazioni entro tempi di risposta di pochi secondi.

Il 22 settembre 2017 (il mese successivo all’osservazione della coalescenza delle due stelle di neutroni) IceCube ha rivelato una traccia indotta da un neutrino di circa 300 TeV, generando automaticamente un’allerta distribuita entro un minuto. L’allerta ha provocato ricerche correlate da parte di molti esperimenti. Il telescopio su satellite Fermi-LAT ha riportato che la direzione del neutrino era coincidente con una sorgente di raggi gamma nota, la galassia con nucleo attivo conosciuta come TXS 0506+056 (classificato come blazar: ossia, il getto del nucleo punta verso la Terra). Questo blazar era osservato in uno stato particolarmente attivo al momento dell’arrivo del neutrino. In aggiunta, anche il telescopio per raggi gamma MAGIC (situato a terra, nelle Isole Canarie) ha rivelato fotoni di energie fino a 400 GeV dalla direzione del blazar. Le osservazioni sono state completate anche alle lunghezze d'onda dai raggi X al radio; quelle nell’ottico hanno permesso la determinazione del redshift (ossia, la distanza). La correlazione del neutrino con l’attività registrata di TXS 0506 + 056 è stata classificata come statisticamente significativa a livello di 3 deviazioni standard.

Motivata da questa associazione, la collaborazione IceCube ha studiato dati corrispondenti a 9.5 anni di osservazioni. In quella posizione è stato trovato un eccesso, rispetto al fondo di neutrini atmosferici, nel periodo tra settembre 2014 e marzo 2015, con significatività statistica stimata di 3.5 deviazioni standard.

Il flusso diffuso extraterrestre di neutrini di alta energia, evidenziato da IceCube e discusso in precedenza, ha caratteristiche che suggerisce significativi contributi extragalattici, sebbene le singole sorgenti rimangano non identificate. L’osservazione relativa a TXS 0506 + 056 sembra confermarlo. Allo stato attuale, le collaborazioni IceCube e ANTARES gestiscono una serie di programmi di allerta e follow-up, che reagiscono in tempo reale a eventi dovuti a neutrini classificati come particolarmente interessanti. In questo caso, viene automaticamente inviato un breve messaggio alla rete GCN che attiva i telescopi radio, ottici, a raggi X e gamma. Viceversa, fenomeni transienti particolari osservati con altre sonde possono immediatamente essere studiate con il network di telescopi di neutrini.

7 Il futuro nel mar Mediterraneo: KM3NeT

KM3NeT è un progetto largamente europeo, basato sull'esperienza accumulata da ANTARES, che sta costruendo due grandi apparati per la rivelazione di neutrini. Il telescopio KM3NeT/ARCA è in fase di costruzione a circa 100 km dalla costa di Portopalo di Capo Passero in Sicilia. ARCA (acronimo di Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss) sarà costituito da due blocchi di rivelatori di 115 unità di rilevamento (denominate Detector Units, DU), ciascuna di lunghezza circa 1 km e ancorate a una profondità di circa 3500 m. ARCA avrà un volume strumentato leggermente più grande di quello di IceCube e una sensibilità al flusso di neutrini cosmici decisamente superiore. Un secondo rilevatore, denominato KM3NeT/ORCA (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss) sarà situato sul sito francese al largo di Tolone (nei pressi di ANTARES); i principali obiettivi scientifici di ORCA sono legati allo studio delle proprietà del neutrino, in particolare la determinazione della loro gerarchia di massa. Le infrastrutture in Italia e Francia ospiteranno anche strumentazione per il monitoraggio a lungo termine e online dell'ambiente di acque profonde, le cui misure verranno utilizzate per studi di geofisica e biologia marina.

Sia ARCA che ORCA useranno le stesse Detector Units equipaggiate ciascuna con 18 moduli ottici, come mostrato in fig. 9. Per la realizzazione del progetto KM3NeT viene perseguita una implementazione graduale e distribuita che massimizza l'accesso ai fondi di finanziamento regionali, la disponibilità di risorse umane e le opportunità sinergiche con la comunità delle scienze della Terra e del mare.

L’unità base dei rivelatori utilizzati è il modulo ottico digitale (DOM). Il DOM è una sfera di vetro resistente alla pressione contenente 31 fotomoltiplicatori (PMT) da 3 pollici con i dispositivi elettronici necessari alla digitalizzazione e la trasmissione dei dati, nonché la strumentazione di calibrazione. Questa configurazione dei DOM, con molti PMT di piccolo diametro rispetto a uno solo più grande (come in IceCube ed ANTARES), offre miglioramenti significativi: l'area sensibile totale è circa tre volte più grande, il campo visivo copre quasi l'intero angolo solido, la pixelizzazione consente il conteggio di singoli fotoni. Una sequenza verticale di 18 DOM forma un'unità di rilevamento (DU).

Due sottili corde parallele mantengono i DOM in posizione. La DU è ancorata sul fondo del mare e tenuta in tensione da una boa sommersa nella parte superiore. Un cavo verticale, che corre lungo l'intera lunghezza della DU, serve per l'alimentazione e la trasmissione dei dati. Questo cavo è un tubo di plastica riempito d'olio, per mantenerlo alla stessa pressione dell’acqua, contenente fili elettrici e fibre ottiche, con una scatola di derivazione verso ciascun DOM.

Una serie di 115 DU, disposte con un'impronta approssimativamente circolare, costituisce un blocco. Le DU sono collegate a scatole di derivazione sottomarine e infine a terra tramite un cavo elettro-ottico principale. L'architettura è intrinsecamente modulare, e ciò consente una implementazione graduale del telescopio. Per l’immersione in mare, la DU è arrotolata in un telaio sferico in alluminio con un diametro di 2 m, chiamato Launcher of Optical Modules (LOM).

In questa configurazione compatta, la DU è immersa sul fondo del mare e collegata alla rete del fondo marino. La LOM viene quindi rilasciata, dispiegando la DU mentre ruota verso l'alto; quando arriva in superficie viene recuperata per un ulteriore utilizzo. Per le proprietà intrinseche dell’acqua, e per la scelta di usare molti piccoli PMT nel DOM, le simulazioni prevedono che il telescopio raggiungerà, per le interazioni di neutrino con eventi di tipo traccia, una risoluzione angolare di 0.2° e una risoluzione energetica del 30% per neutrini di energia superiore a 10 TeV. Le interazioni di neutrini che inducono cascate verranno ricostruiti con una risoluzione angolare di ~2° e una risoluzione energetica migliore del 5%.

Due DU di test hanno funzionato egregiamente nel sito di ARCA sin dal 2017. A partire dal 2020 verranno immerse una trentina di stringhe del primo blocco di ARCA, che sono già state finanziate e in avanzata fase di realizzazione. Appena il numero di stringhe sarà tale che la sensibilità di KM3NeT per neutrini di origine cosmica sia superiore a quella di ANTARES, quest’ultimo sarà smantellato (dopo oltre 12 anni di funzionamento) con dedicate operazioni marine.

8 Conclusioni

Il neutrino è probabilmente la particella che offre le maggiori e più evidenti connessioni tra fisica delle particelle, astrofisica e cosmologia.

A partire dal 2013, IceCube ha mostrato l’esistenza di neutrini di origine cosmica di energia $>60$ TeV, ma non è sinora stato in grado di capire da quali classi di oggetti questi neutrini sono stati originati, e in particolare di determinare il contributo delle sorgenti galattiche. Per questo motivo, i rivelatori per neutrini astrofisici di nuova generazione devono essere progettati per rilevare neutrini di tutti i sapori in un ampio intervallo di energia e con la migliore risoluzione angolare ed energetica.

Il nuovo telescopio di neutrini KM3NeT/ARCA in avanzata fase di realizzazione nel mar Mediterraneo, a largo delle coste siciliane, ha la capacità di aiutare a risolvere in maniera chiara il problema, grazie alla migliore risoluzione angolare dovuta alle proprietà intrinseche dell’acqua, geometria del rivelatore e struttura a molti pixel dei moduli ottici.

I prossimi dieci anni saranno quindi decisivi per l’astrofisica studiata con sonde diverse dalla radiazione elettromagnetica, quali i raggi cosmici carichi, le onde gravitazionali, i raggi gamma e i neutrini. In questo contesto, i telescopi di neutrini giocano un ruolo fondamentale per il grande campo di vista e l’elevata frazione di tempo (praticamente vicino al 100%) in cui sono attivi.

Ringraziamenti

Voglio ringraziare la SIF e in particolare il Presidente Onorario, Prof.ssa Luisa Cifarelli, gli organizzatori del 105° congresso e il Prof. Giuseppe Grosso de “Il Nuovo Saggiatore”, per avermi dato l’opportunità di presentare le ricerche relative all’astrofisica dei neutrini nel mar Mediterraneo al 105° Congresso nell’amata L’Aquila, e di scrivere il presente documento.