1960: The laser era begins

Giancarlo C. Righini


60 anni fa iniziava la storia del laser

Sessanta anni fa, il 16 maggio 1960, l’accensione del primo laser ad opera di Theodore Maiman e del suo collaboratore Irnee D’Haenens nei laboratori della Hughes Research Lab a Malibu, in California, segnò un punto di arrivo degli sviluppi teorici e sperimentali che dall’inizio del XX secolo avevano progressivamente fatto chiarezza sui fenomeni di assorbimento ed emissione di fotoni da parte di un materiale. “Something like the laser development does not come from an isolated idea, but from a scientific milieu, curiosity, struggles and puzzles, and from many different people” ha sottolineato anche uno dei grandi protagonisti della storia del laser, Charles Townes, nell’introduzione al suo libro autobiografico “How the laser happened: adventures of a scientist”.

L’obbiettivo di questo breve articolo è di ripercorrere velocemente gli anni del secolo scorso, e in particolare il ventennio 1940-1960, in cui molti scienziati lavorarono su quegli aspetti teorici e tecnologici che portarono alla dimostrazione sperimentale del funzionamento del laser. Funzionamento che qui non è approfondito, e per il quale si rimandano gli interessati alla lettura di uno dei moltissimi testi scientifici dedicati.

Il punto di partenza è indubbiamente il lavoro pubblicato da Albert Einstein “Zur Quantentheorie der Strahlung” (On the quantum theory of radiation), apparso nel 1916 negli atti della Società di Fisica di Zurigo e nel 1917 su Physikalische Zeitschrift. Nella prima parte dell’articolo, Einstein presenta un modo nuovo ed elegante di ottenere la legge di Planck (sulla quantizzazione dell’energia elettromagnetica emessa da un corpo) e introduce per la prima volta il concetto di emissione stimolata, aggiungendolo ai già familiari concetti di emissione spontanea e di assorbimento indotto: proprio questo fenomeno sarà, più avanti, utilizzato per teorizzare il funzionamento del laser. Da notare, come curiosità, che Einstein si compiacque della maniera in cui aveva derivato la formula di Planck, tanto da scrivere al suo amico di lunga data Michele Besso: “An amazingly simple derivation of Planck’s formula, I should like to say the derivation”.

1 L’emissione stimolata (o assorbimento negativo)

Probabilmente un motivo per cui il fenomeno dell’emissione stimolata (cioè del processo per cui un fotone, interagendo con un atomo che ha elettroni in uno stato di alta energia, induce uno di questi elettroni a decadere a un livello di energia più bassa emettendo un fotone supplementare con fase, frequenza, polarizzazione e direzione uguali a quelli del fotone incidente) non suscitò subito grande interesse fu che, in base alla legge di distribuzione di Boltzmann dell’energia (che lo stesso Einstein aveva utilizzato nei suoi lavori), esiste una probabilità molto bassa di avere, all’equilibrio termico, un numero elevato di atomi nello stato eccitato e maggiore di quelli nello stato fondamentale (la cosiddetta “inversione di popolazione”). Era quindi logico ritenere che l’effetto di emissione stimolata (o di “assorbimento negativo”, come veniva spesso chiamato), anche se ottenuto, fosse quantitativamente trascurabile. Negli anni ’20 del XX secolo diversi fisici, anche di grandissimo livello, come il tedesco Rudolf W. Ladenburg (1882-1952), l’olandese Hendrik A. Kramer (1894-1952), gli inglesi Paul A. M. Dirac (1902-1984; premio Nobel per la fisica nel 1933) e Edward A. Milne (1896-1950), gli americani John A. Van Vleck (1899-1980; premio Nobel per la fisica nel 1977) e Richard C. Tolman (1881-1948), discussero nei loro lavori il fenomeno dell’assorbimento negativo, senza tuttavia intravederne applicazioni pratiche. Anche Ladenburg, che, intorno al 1928 aveva dato una prova sperimentale, sia pure indiretta, dell’emissione stimolata in un gas, non andò oltre.

Una pietra che avrebbe potuto essere importante per un più veloce sviluppo del laser come dispositivo in grado di amplificare una radiazione ottica fu posta negli anni 1939-1940 da un fisico russo, Valentin A. Fabrikant (fig. 1), il quale nel 1939 sottopose al Lebedev Institute in Mosca una tesi “dottorale” per conseguire una qualifica equivalente a professore ordinario, che fu poi pubblicata nel 1940 negli Atti del Vserossiysky Elektrotekhnichesky Institut (VEI – Istituto Elettrotecnico di tutte le Russie), a cui Fabrikant afferiva. Il titolo della tesi era “The emission mechanism of a gas discharge”, e una sezione era intitolata “On experimental evidence for the existence of negative absorption”; lì, Fabrikant osservò che era possibile scegliere le condizioni per ottenere l’inversione di popolazione tra i livelli eccitati di un gas e il livello fondamentale, forzando il sistema fuori dell’equilibrio termico, e concluse “In such experiments, we will obtain the intensity of output radiation exceeding that of the incident, so we may speak about direct experimental proof of the existence of negative absorption.”

Purtroppo, i dati e le conclusioni di questa parte della tesi non ebbero alcuna ripercussione in Unione Sovietica; anzi, è da notare che lo stesso Fabrikant, almeno sul momento, ne sottovalutò enormemente la portata, tanto è vero che nel quinto capitolo della tesi, in cui riassumeva i principali risultati, non citò l’assorbimento negativo. Tuttavia, non dimenticò l’argomento e, alla fine della guerra, nel 1945, riprese il lavoro sperimentale presso il Laboratorio delle nuove sorgenti di luce del VEI, cercando di utilizzare l’emissione stimolata per ottenere amplificazione ottica. I risultati ottenuti con i collaboratori M. M. Vudynsky and F. A. Butaeva li portarono a sottomettere, nel 1951, una richiesta di brevetto dal titolo “Metodo per l’amplificazione di radiazione elettromagnetica (bande d’onda ultravioletta, visibile, infrarossa e radio)”. Come possibile mezzo attivo indicarono vapori di cesio con impurità, e proposero sia il pompaggio ottico che quello da scarica elettrica nel gas. Il brevetto, però, rimase coperto dal segreto di stato fino al 1958, e solo nel 1959 divenne di pubblico dominio con la pubblicazione nel Bollettino delle invenzioni. Nel frattempo, però, molte altre idee erano nate e si erano sviluppate nei paesi occidentali, e in particolare negli Stati Uniti, per cui il contributo originale di Fabrikant è rimasto a lungo in ombra e rivalutato solo recentemente. Rimane soltanto da dire che negli studi ed esperimenti di Fabrikant non emerse mai l’idea di inserire l’amplificatore ottico in una cavità risonante (passo necessario per ottenere l’azione laser), anche se nella domanda di brevetto appare questa dichiarazione, che potrebbe essere considerata un passo verso l’uso di un risonatore: “Amplification coefficient increases abruptly with increasing layer thickness L, therefore it is profitable to use recurrent beam propagation through the same layer”.

L’esistenza di processi per l’inversione di popolazione tra livelli di energia in un atomo e quindi per l’assorbimento negativo veniva intanto confermata anche in esperimenti di assorbimento magnetico nucleare; esiste, ad esempio, un breve articolo di Edward M. Purcell e Robert V. Pound su Physical Review nel 1951, con la prova sperimentale di emissione stimolata di onde radio a 50 kHz. Anche in questo caso, nessuno pensò di andare oltre e utilizzare il metodo di inversione di popolazione per sviluppare un dispositivo amplificatore; certamente un limite del metodo di Purcell e Pound era di creare solo inversioni transienti.

2 Il MASER (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation)

Negli stessi anni ’50, intanto, molti fisici e ingegneri elettronici, approfittando del surplus post-bellico di apparati radar di alta precisione, in particolare in Inghilterra e negli Stati Uniti, stavano approfondendo gli studi sui dispositivi a microonde e sull’interazione microonde- materia. (Nota: Il termine microonde (microwaves) per la radiazione elettromagnetica con frequenze intorno a 109–1010 Hz era comparso per la prima volta in un articolo del 1932 di Nello Carrara, che allora lavorava presso il Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni, all’interno dell’Accademia Navale di Livorno.)

Negli Stati Uniti, un grosso supporto a queste ricerche venne dato dai finanziamenti militari, mirati allo sviluppo della neonata elettronica allo stato solido (il primo prototipo funzionante del transistor era stato realizzato nel dicembre 1947), di apparati radar (sorgenti e rivelatori) leggeri e compatti, e di sistemi di comunicazione sicuri a breve raggio. Per avere un’idea degli investimenti, tra il 1948 e il 1956 il bilancio del Dipartimento della difesa (DoD) per la ricerca e sviluppo (includendo le infrastrutture per R&D) passò da 590 milioni di dollari a 2,6 miliardi. Fu così che vennero a sovrapporsi gli interessi dei militari e dei ricercatori: in entrambi i casi, l’obiettivo era scendere a lunghezze d’onda millimetriche e sub-millimetriche, che potevano garantire una riduzione delle dimensioni dei dispositivi e una più elevata risoluzione spettroscopica. In campo scientifico, due pionieri della spettroscopia molecolare a microonde furono Walter Gordy presso la Duke University, a Durham, NC, e Charles H. Townes presso la Columbia University a New York City.

Townes, che aveva iniziato lavorando nei Bell Telephone Laboratories (Bell Labs) su sistemi radar e spettroscopia a microonde, nel 1948 passò a insegnare alla Columbia University e nel 1950 divenne il direttore del Columbia Radiation Laboratory, che già si occupava di onde millimetriche. Una difficoltà negli esperimenti era legata alla poca disponibilità di sorgenti con ottime caratteristiche a lunghezza d’onda millimetrica. Townes ebbe due idee vincenti: utilizzare le molecole stesse per emettere la radiazione alla lunghezza d’onda voluta, e inserire le molecole in una cavità risonante. Così, insieme ai suoi collaboratori James Gordon e Herbert Zeiger, iniziò progettando di lavorare a 0,5 mm di lunghezza d’onda con ammoniaca deuterata; presto, però, passò a 1,25 cm sfruttando l’emissione dell’ammoniaca gassosa perché a tale lunghezza d’onda era più facile costruire una cavità risonante efficiente e anche reperire tutti i componenti necessari. Il gruppo ottenne i risultati sperati, che furono pubblicati nel 1954 in una lettera su Physical Review e nel 1955 in un articolo, sempre su Physical Review, che per la prima volta vide apparire l’acronimo maser – Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation. In questo secondo articolo Townes e colleghi, nel proporre il nuovo dispositivo, citarono, sia pure di sfuggita, una “independent proposal” di N. G. Basov e A. M. Prokhorov, pubblicata nel 1954.

In Russia, infatti, Basov e Prokhorov erano arrivati, in maniera del tutto indipendente, alla stessa concezione del dispositivo oscillatore-amplificatore, che loro avevano chiamato “molecular generator”. A differenza di Townes e di altri ricercatori americani, Basov e Prokhorov non erano stati motivati o influenzati dalla ricerca sui radar, ma avevano iniziato a lavorare sulla spettroscopia a radiofrequenza dietro suggerimento di S. I. Vavilov, fondatore e allora direttore dell’Istituto Lebedev. La ricerca di un metodo per aumentare l’intensità delle righe di assorbimento, e quindi la risoluzione spettroscopica, li aveva portati già nel 1952 a mettere a punto la descrizione teorica di un sistema oscillatore in cui un fascio molecolare (come esempio avevano scelto il fluoruro di cesio) veniva iniettato in un risonatore, e a presentarla a una conferenza sulla spettroscopia a radiofrequenza. La conferenza, però, era “All-Soviet-Union”, cioè con la partecipazione dei soli scienziati sovietici, e quei risultati rimasero ignorati in Occidente. Continuando il loro lavoro teorico, Basov e Prokhorov, in un lavoro sulla rivista Zh. Eksp. Teor. Fiz. (ZETF) apparso nel febbraio 1955, proposero il modello a tre livelli per ottenere l’inversione di popolazione con pompaggio da un campo ad alta frequenza. È da notare che proprio in quell’anno la casa editrice russa Nauka (Science) decise di pubblicare anche la traduzione inglese della rivista ZETF, poi nota come JETP (J. Exp. Theor. Phys.), e il lavoro di Basov e Prokhorov comparve, tradotto, nel primo volume in inglese di JETP.

A questo punto, il lavoro del gruppo russo comincia ad essere noto, e nell’aprile 1955 avviene anche un contatto personale tra Prokhorov e Townes, in occasione di una conferenza della Faraday Society a Cambridge, dove Townes ricorda che ebbero una interessante discussione. Così, poco dopo, anche il gruppo di Prokhorov realizza un prototipo di maser usando l’ammoniaca, e non il fluoruro di cesio come inizialmente previsto.

In tema di risultati raggiunti indipendentemente (almeno così fu dichiarato), il sistema di inversione di popolazione a tre livelli, che sarà poi fondamentale per lo sviluppo del primo laser, fu concepito anche da Nicolaas Bloembergen, il cui articolo apparve su Physical Review nel 1956, quindi dopo il lavoro russo. Sta di fatto che dopo il 1955 anche altri gruppi, sia negli Stati Uniti che in Russia, svilupparono i maser, sia a gas che a stato solido, e i cristalli di rubino (chimicamente, un ossido di alluminio contenente cromo) si rivelarono particolarmente efficienti come materiale attivo. L’applicazione più famosa dei maser a rubino rimane quella di A. Penzies e R. W. Wilson, che nel 1965 rivelarono la radiazione cosmica di fondo a circa 3 K usando un maser alla lunghezza d’onda di 7,35 cm, raffreddato alla temperatura dell’elio liquido, come amplificatore a microonde a bassissimo rumore: scoperta che valse loro il premio Nobel per la fisica nel 1978.

3 La strada verso il LASER (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation)

Torniamo al percorso di avvicinamento al laser: dopo la diffusione dei maser, i tempi erano maturi per pensare a realizzare un dispositivo analogo che emettesse a frequenze ottiche. Nel 1957, Townes, che era consulente dei Bell Labs sui maser, discusse con Arthur L. Schawlow, che lavorava ai Bell Labs ed era anche suo cognato, la propria idea di realizzare un maser ottico usando vapori di tallio posti in una “scatola” con pareti di vetro ed eccitati con una lampada al tallio. Schawlow ebbe l’idea di sostituire la cavità a parallelepipedo con una più semplice cavità a specchi piani paralleli (un risonatore Fabry-Pérot) che però avrebbe anche permesso di selezionare solo i modi che viaggiavano lungo l’asse della cavità. Dopo ulteriori discussioni e approfondimenti, il 30 luglio 1958 Schawlow e Townes decisero di presentare una richiesta di brevetto per conto della Bell Telephone Laboratories, intitolato “Masers and maser communication systems”, il cui testo iniziava così: This invention relates to the generation and amplification of infrared, visible, and ultraviolet waves, and more particularly to the generation and amplification of such waves by means of devices including media in which the stimulated emission of radiation occurs; devices of this type are now generally termed “masers”. Lo schema del laser presentato nel brevetto è mostrato in fig. 2.

Successivamente, sottomisero un articolo con la loro proposta teorica alla rivista Physical Review; quell’articolo fondamentale, con il titolo “Infrared and optical masers”, apparve nel dicembre 1958. Naturalmente si misero a lavorare anche sperimentalmente, e iniziarono cercando di realizzare un laser che utilizzava come mezzo attivo i vapori di potassio, che potevano essere eccitati da una lampada al potassio oppure con una scarica elettrica; non ottennero però risultati positivi, in un caso perché l’intensità della lampada era troppo bassa e nell’altro perché era comunque bassa la riflettività degli specchi della cavità Fabry-Pérot. Da notare che anche Prokhorov aveva suggerito l’uso di un risonatore con specchi piani e paralleli, ma rimanendo nell’ambito dei maser, in un lavoro pubblicato nello stesso anno, a giugno 1958.

Tornando un poco indietro, nel 1956 Townes era entrato in contatto con uno studente della Columbia University, Gordon Gould, che lavorava ad una tesi di dottorato con un altro docente e utilizzava potenti lampade al tallio per studiare le proprietà ottiche di vapori di tallio eccitati mediante pompaggio ottico. Townes ricorda di avere chiesto a Gould informazioni sulle caratteristiche delle lampade al tallio e di avergli dato notizie sul progetto di maser ottico a cui stava lavorando. Gould, da parte sua, non cita Townes come fonte di informazioni utili e anzi ricorda che Townes stesso l’aveva invitato a dare un seminario sull’uso del pompaggio ottico in un maser. Sta di fatto che, nel 1957, Gould riuscì a definire meglio il proprio progetto di un maser ottico e ritenne opportuno documentarne la priorità; così, si affrettò a far firmare dal proprietario di una drogheria, Jack Gould (curiosamente, con lo stesso cognome), che fungeva anche da notaio pubblico, le pagine del proprio quaderno di laboratorio, che iniziavano con il titolo “Some rough calculations on the feasibility of a LASER: Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation”. La fig. 3 mostra la prima pagina del quaderno con il timbro del notaio in alto a sinistra.

Era il 13 novembre 1957, e il nuovo dispositivo aveva ricevuto ufficialmente il suo nome: la parola “LASER” avrebbe rapidamente preso piede tra i ricercatori e sostituito la dizione “optical maser” usata da Townes e colleghi, i quali, comunque, per un po’ cercarono di opporre resistenza al nuovo nome, inutilmente. Gordon Gould presentò una richiesta di brevetto nel 1959, rivendicando la priorità rispetto al brevetto del 1958 di Schawlow e Townes proprio sulla base di quel quaderno; dopo una lunga controversia, il brevetto fu concesso nel 1977, e questo diede l’avvio a una ancor più lunga guerra legale per il riconoscimento dei diritti sui laser prodotti da varie aziende.

Comunque, nel 1959, mancava ancora la dimostrazione sperimentale del laser, e questa avvenne il 16 maggio 1960 ad opera di Maiman e collaboratori, utilizzando il pompaggio con lampada flash di un cristallo di rubino rosa sintetico. Maiman aveva cominciato lavorando, presso i laboratori di ricerca della Hughes Aircraft Company, allo sviluppo di un maser in banda X (3 cm), richiesto dai servizi per le comunicazioni dell’esercito USA (Army Signal Corps), e aveva adottato con successo il rubino come materiale attivo. Dopo i lavori teorici pubblicati da Schawlow e Townes sulla possibilità di maser ottici, anche Maiman si era impegnato ad ottenerne la dimostrazione pratica e aveva deciso di continuare a lavorare sul rubino, nella sua varietà rosa, cioè con una bassa concentrazione di cromo (circa lo 0,05% in peso), nonostante questo materiale fosse stato considerato non adatto da Schawlow. I calcoli di Maiman, invece, indicavano che con una intensa illuminazione nella banda di assorbimento del cromo nel verde sarebbe stato possibile ottenere una significativa inversione di popolazione: così, il dispositivo con cui ottenne l’emissione di impulsi di luce rossa era costituito da una barretta di rubino inserita all’interno di una lampada flash elicoidale, a sua volta posta dentro un cilindro con le pareti interne argentate, in modo da riflettere quasi tutta la luce della lampada sulla barretta (fig. 4). Il cilindretto di rubino aveva circa 1 cm di diametro e 2 cm di lunghezza, con le due faccette piane e parallele, lucidate e rese riflettenti con la deposizione di uno strato d’argento: al centro di una delle due facce era stato praticato un forellino nel film di argento, e da lì uscì per la prima volta un fascio laser. Una curiosità, che può servire a non scoraggiare gli autori che si vedono rifiutare un articolo sottoposto a una rivista scientifica, è che Maiman preparò rapidamente un breve articolo sul risultato ottenuto e il 24 giugno 1960 lo inviò a Physical Review Letters (anche in considerazione che i lavori teorici di Townes erano apparsi su Physical Review), dove però venne rifiutato (ritenevano di avere già ricevuto troppi lavori sui maser). Maiman non si fermò per questo e inviò l’articolo alla rivista inglese Nature, dove apparve il 6 agosto 1960, con il titolo “Stimulated optical radiation in ruby”. Alla Hughes, però, erano impazienti di pubblicizzare il successo della loro ricerca, che era anche stata condotta senza finanziamenti governativi, e, senza attendere la pubblicazione su una rivista scientifica, organizzarono una conferenza stampa per il 7 luglio 1960 presso l’Hotel Delmonico a New York (oggi convertito in un condominio residenziale e noto come Trump Park Avenue): il giorno successivo un articolo comparve sul New York Times, e da allora il laser continua ad essere citato in migliaia di articoli in tutti i giornali del mondo. La fig. 4 mostra Ted Maiman con uno dei suoi primi laser presentato ai fotografi; in realtà, il “vero” primo laser utilizzava una lampada più corta (immagine a destra), che però ai fotografi dell’ufficio stampa della Hughes non era sembrata abbastanza “fotogenica”.

4 Le applicazioni del laser

Il testo del discorso di Maiman durante la conferenza stampa di presentazione del laser, in cui giustamente sottolineava che “...its success marks the opening of an entirely new era in electronics”, (infatti sarebbe passato ancora molto tempo prima che si parlasse di fotonica) è disponibile negli archivi della Hughes Aircraft Company, ora HRL. È molto interessante notare come Maiman avesse già chiari molti dei modi in cui il laser avrebbe cambiato lo sviluppo della scienza e tecnologia nel XX e XXI secolo; ecco le sue frasi e, in estrema sintesi, la situazione attuale corrispondente:

“We will have an important new scientific tool for investigating properties of matter and for performing basic experiments of physics.”

Grazie alle spettroscopie laser (di assorbimento, di fluorescenza, Raman e Brillouin) sono state acquisite informazioni fondamentali su atomi, molecole e nuovi materiali; sorgenti laser ad alta intensità hanno permesso di studiare il comportamento nonlineare dei materiali, anche a livello dell’elettrodinamica quantistica; gli interferometri laser LIGO e VIRGO hanno permesso di rilevare la presenza di onde gravitazionali; le tecniche di raffreddamento laser hanno permesso di produrre sperimentalmente lo stato della materia noto come condensato di Bose Einstein; laser di altissima potenza possono rendere possibile la fusione nucleare; ....

“We should be able to project light into very high-intensity beams for space communications.”

Un laser impulsato a Nd:YAG ha permesso la misura della distanza Terra-Luna con una precisione dell’ordine di 1 mm (su 384000 km!!); gli studi più avanzati di geodesia e geodinamica sono svolti grazie alle tecniche di inseguimento laser di satelliti, sotto il coordinamento dell’International Laser Ranging Service (ILRS); esperimenti laser con i satelliti, quali LARES (ASI), LAGEOS (NASA) e LAGEOS2 (ASI e NASA), hanno permesso di avere conferme della teoria della relatività generale; il futuro delle comunicazioni tra satelliti e per le missioni spaziali verso la Luna e Marte vedrà sempre di più l’uso di segnali laser; già oggi, EDSR (European Data Relay Satellite System) si basa su comunicazioni laser tra satelliti geostazionari per inoltrare informazioni da/a satelliti non geostazionari, veicoli spaziali, e stazioni a terra che altrimenti non potrebbero avere la capacità di comunicazione ininterrotta; ...

“We are shown the way to enormous increases in the present number of available communications channels.”

La rivoluzione delle comunicazioni terrestri via internet è stata resa possibile dallo sviluppo dei sistemi di comunicazione su fibra ottica, che utilizzano laser a semiconduttore e amplificatori ottici che lavorano principalmente nel vicino infrarosso, alla lunghezza d’onda di 1,5 micron; ad aprile 2020, nel corso della conferenza OFC (Optical Fiber Communications) a San Diego, i ricercatori del NICT (National Institute for Communications Technology, Japan) hanno presentato il risultato record di trasmissione di 172 Tbit/s su una distanza di oltre 2000 km utilizzando una singola fibra con diametro standard di 125 micron, ma avente tre “cores” (canali di propagazione guidata) – si può ricordare che al tempo di Maiman con un cavetto telefonico (doppino) ottimizzato non si andava oltre 500 Mbits/s su una distanza massima di un centinaio di metri; a livello spaziale, ormai si parla di “SpaceDataHighway”: i due satelliti EDSR lanciati nell’ambito di un progetto congiunto tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la compagnia Airbus, grazie alla tecnologia laser di ultima generazione permettono trasferimenti dati sicuri a velocità 1,8 Gbit/s quasi in tempo reale, e il primo satellite, operativo dal 2017, ha già scaricato quasi due petabytes di dati, con una disponibilità del 99,5%; ...

“The possibilities are very real for utilization of high light concentration for industrial, chemical and medical purposes.”

Quanto alle applicazioni industriali, chimiche e mediche che prospettava Maiman, oggi esiste soltanto l’imbarazzo della scelta: dai sistemi automatizzati per il taglio e la saldatura di materiali metallici o plastici con laser ad alta potenza ai sistemi con laser a impulsi ultracorti (femto- e attosecondi) per microlavorazioni o per studiare la dinamica ultraveloce di processi fisici e chimici, fino alla varietà di applicazioni chirurgiche e terapeutiche rese possibili dai diversi tipi di laser. A titolo di esempio, tra le innovazioni più recenti in campo biomedico, possono esserne citate due, di tipo molto diverso: a luglio 2020 è stata lanciata la nuova generazione della piattaforma brevettata MOSES (Lumenis Ltd) basata su laser a olmio e fibra ottica per migliorare notevolmente l’efficienza degli interventi chirurgici per calcoli urinari e ingrossamento della prostata; a giugno, un gruppo della Leigh University ha ottenuto una potenza record (2 W) su un singolo modo spettrale da una matrice di laser plasmonici a cascata quantica che emettono a 3,3 THz, con grande potenziale per la rivelazione di varie specie chimiche e biomolecolari, e anche per ottenere in maniera non invasiva immagini di alcuni tipi di tessuti biologici.

E naturalmente oggi il laser è in prima linea contro COVID19, permettendo di ideare test per il riconoscimento dell’infezione in tempi molto brevi, minuti o addirittura secondi, rispetto ai test con tamponi nasali o faringei che richiedono ore; un sistema molto interessante è stato sviluppato dai ricercatori del QuantLase Imaging Lab in Abu Dhabi (UAE – Emirati Arabi Uniti). Il loro metodo, basato sull’analisi delle figure di diffrazione causate dallo scattering e interferenza della luce laser incidente sui globuli rossi di un campione di sangue (tecnologia DPI – diffractive phase interferometry), può dare il risultato in meno di un minuto. Un algoritmo di calcolo, che utilizza anche l’intelligenza artificiale, permette di identificare il particolare tipo di virus in base alle caratteristiche della figura di diffrazione. Il test è stato utilizzato su 6000 campioni forniti dalle autorità governative UAE e ha raggiunto una accuratezza dell’85-90%, tanto che dal 14 luglio 2020 è stato ufficialmente autorizzato dal Ministero della Salute e Prevenzione dell’UAE e che il governo dell’UAE ha disposto che chi vuole entrare nell’emirato di Abu Dhabi deve essere sottoposto a controllo COVID19 mediante questo test.

Vi sono, ovviamente, anche alcune applicazioni del laser che Maiman non ha citato nella sua lista: una di esse è stata l’olografia, cioè la registrazione (e ricostruzione) di immagini tridimensionali resa possibile dalle proprietà di coerenza spaziale e temporale del laser. La tecnica olografica era stata concepita da Dennis Gabor nel 1948 (per questo fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1971) cercando di migliorare la risoluzione del microscopio elettronico, ma rimase praticamente inutilizzata finché divennero disponibili le sorgenti laser. Così l’olografia esplose negli anni '60, anche grazie alle nuove tecniche di registrazione laser introdotte in particolare dagli americani Emmett Leith e Juris Upatnieks e dal russo Yuri Denisyuk. Oggi, diodi laser combinati con un ologramma generato da computer aprono la strada alla proiezione di immagini tridimensionali a colori da parte di un minuscolo dispositivo integrabile anche in uno smartphone.

Riassumendo, è certo che mai una definizione del laser si è dimostrata più sbagliata di quella che, volutamente ironica, sembra circolasse agli albori della sua storia: È una soluzione in cerca di un problema. Invece, è proprio anche (in alcuni casi, solo) grazie alla disponibilità del laser che molti problemi scientifici e tecnologici sono stati risolti e molte conquiste raggiunte.

5 I protagonisti della storia del laser

Tornando al breve excursus storico, e per concludere, dopo la dimostrazione presentata da Maiman l’attività sullo sviluppo di sorgenti laser venne intensificata in molti laboratori di ricerca e industriali, e già nel volgere di due anni nuovi sistemi laser furono presentati: il primo laser a gas e con emissione continua (Ali Javan e collaboratori, Bell Labs, dicembre 1960), il primo laser a Nd in vetro (Elias Snitzer, American Optical, 1961), il primo laser a diodo semiconduttore (Robert Hall, General Electric, 1962). E la storia degli sviluppi e delle applicazioni dei laser continua ancora oggi, grazie all’impegno di fisici, chimici e ingegneri nei laboratori accademici e industriali di tutto il mondo.

I principali protagonisti del periodo “aureo” 1950-1960 ebbero adeguati riconoscimenti, diretti o indiretti: Basov, Prokhorov e Townes condivisero il Nobel per la fisica nel 1964 (per il lavoro fondamentale nel campo dell’elettronica quantistica, che ha portato alla costruzione di oscillatori e amplificatori basati sul principio maser-laser) e Bloembergen e Schawlow quello nel 1981 (per il loro contributo allo sviluppo della spettroscopia laser – insieme a K. M. B. Siegbahn per la spettroscopia elettronica). Una foto di Schawlow e Townes, insieme all’altro premio Nobel Gabor, è mostrata in fig. 5.

Gould, che aveva spirito più imprenditoriale (il suo modello era Thomas Edison) e non si curava troppo dei riconoscimenti della comunità scientifica, diventò multimilionario alla fine della vittoriosa guerra sui brevetti riguardanti i laser (chi fosse interessato a saperne di più può leggere il libro “Laser: The Inventor, the Nobel Laureate, and the Thirty-Year Patent War” di Nick Taylor (Simon & Schuster, New York) 2000). Quanto a Maiman, colui che accese il primo laser rimase dispiaciuto di non essere stato considerato per il premio Nobel e, forse anche per questo motivo, arrivò a dichiarare che il Comitato per il Nobel aveva sbagliato e avrebbe dovuto assegnare il premio a Fabrikant. Comunque, continuò a lavorare nel campo della tecnologia laser, acquisendo altri brevetti e fondando più di una società; anche se non ottenne il premio Nobel, ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Wolf per la fisica nel 1984, assegnato dalla Fondazione Wolf in Israele e considerato di prestigio inferiore solo al Nobel. Il suo personale punto di vista sull’epopea del laser è descritto nel libro “The Laser Odyssey” (Laser Press, Blaine WA, 2000).

Per citare i protagonisti più recenti nell’evoluzione dei laser e delle loro applicazioni alla fisica fondamentale e alla tecnologia ci si può riferire ai premi Nobel in Fisica degli ultimi due decenni; ben sette premi Nobel su venti sono stati assegnati per ricerche che direttamente o indirettamente sono legate alla fisica del laser e alle caratteristiche della luce emessa da un laser:

• Zhores I. Alferov e Herbert Kroemer (2000) “for developing semiconductor heterostructures used in high-speed- and opto-electronics”.
• Eric A. Cornell, Wolfgang Ketterle e Carl E. Wieman (2001) “for the achievement of Bose-Einstein condensation in dilute gases of alkali atoms, and for early fundamental studies of the properties of the condensates”.
• Roy J. Glauber (2005) “for his contribution to the quantum theory of optical coherence”.
• John L. Hall and Theodor W. Hänsch (2005) “for their contributions to the development of laser-based precision spectroscopy, including the optical frequency comb technique”.
• Charles Kuen Kao (2009) “for groundbreaking achievements concerning the transmission of light in fibers for optical communication”.
• Serge Haroche e David J. Wineland (2012) “for ground- breaking experimental methods that enable measuring and manipulation of individual quantum systems”.
• Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne (2017) “for decisive contributions to the LIGO detector and the observation of gravitational waves”.
• Arthur Ashkin (2018) “for the optical tweezers and their application to biological systems”.
• Gérard Mourou e Donna Strickland (2018) “for their method of generating high-intensity, ultra-short optical pulses”.

Non rimane quindi che chiedersi quando verrà assegnato il prossimo premio Nobel legato alla fisica e tecnologia del laser. Certamente sono numerosi nel mondo i gruppi che fanno ricerca di frontiera su questi temi e che aspirano a un riconoscimento prestigioso.