Science on the balcony

A citizen science experiment during the lockdown period in Italy

Alessandro Farini, Martina Bazzani, Elisabetta Baldanzi


Scienza sul balcone

1 L’esperimento #scienzasulbalcone

A marzo 2020 l’Italia ha attuato misure straordinarie. A causa del coronavirus la popolazione italiana, per contenere la diffusione, è stata costretta a rimanere in casa durante il lockdown.

In un periodo di chiusura all’interno delle proprie abitazioni, in cui tutto sembrava fermarsi, in cui siamo stati spinti a riflettere su che cosa sia la normalità e a osservare con sguardo nuovo la quotidianità, molte persone si sono date appuntamento sul balcone per condividere azioni che contribuissero a farci sentire ancora uniti. Si ballava, si cantava, si facevano quiz, si applaudiva insieme. Si proponeva anche di rivolgere il proprio smartphone verso un satellite, per formare una macchia di luce visibile dallo spazio (obiettivo impossibile da raggiungere, ma affascinante).

C’era però un settore che sembrava rimanere escluso da queste attività effettuate sul balcone di casa: la scienza. La scienza, che durante la pandemia oscillava tra essere vista come la salvatrice o la colpevole, se non del virus, della incertezza che lo caratterizzava, non sembrava essere adatta per nuove iniziative sul balcone.

Uno degli autori di questo articolo (Alessandro Farini, dell’Istituto Nazionale di Ottica del CNR) e Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico, hanno pensato che questa assenza di scienza dovesse essere colmata al più presto e hanno immediatamente coinvolto colleghi e amici, come Elisabetta Baldanzi (autrice di questo testo e sempre dell’Istituto Nazionale di Ottica del CNR) e Silvia Mattoni, Luca Balletti e Cecilia Tria dell’Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico del CNR.

È nato così Scienza sul balcone, esperimento di “citizen science” promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche a primavera del 2020 per avvicinare il mondo della ricerca a tutta la società. Scopo del progetto è stato quello di invitare tutti i cittadini a diventare scienziato per un giorno, condividendo obiettivi, procedure e metodologie tipiche del mondo della ricerca.

2 Cosa è la citizen science

La citizen science è basata sulla collaborazione tra scienziati professionisti e semplici cittadini, i quali, spinti essenzialmente dal desiderio di imparare e dare il proprio contributo al progresso scientifico, si occupano della raccolta e dell’eventuale analisi dei dati ottenuti. Il coinvolgimento dei cittadini permette di avere in tempi relativamente brevi un’ingente quantità di dati non acquisibili in altro modo. È importante che il progetto sia adeguatamente spiegato e supervisionato da parte degli esperti, in modo tale da avere risultati affidabili e non generare false idee nell’opinione pubblica.

Ne esistono molti, alcuni legati all’astrofisica come Galaxy Zoo, che chiede aiuto ai cittadini per catalogare la forma delle galassie che vengono via via fotografate e che ha permesso a un’insegnante olandese, uno dei tanti cittadini ad avere partecipato alle rilevazioni, di dare il nome a una di queste galassie, ad altri di ambito naturalistico, come iNaturalist, che permettono agli studiosi di sapere se alcune specie animali si sono spostate in zone diverse da quelle teoricamente previste.

3 Cosa è stato misurato: la luce intrusiva

Nessuno può negare che l’illuminazione artificiale sia stato un incredibile passo avanti non solo tecnologico, ma soprattutto culturale. Il nostro ambiente è diventato più sicuro, leggere e studiare è diventato possibile anche dopo il calare del sole, molti incidenti sono diminuiti.

Come tutti gli strumenti però anche l’illuminazione artificiale deve essere utilizzata in maniera corretta. Inviare la luce dove non serve, ad esempio verso la volta celeste, riduce la possibilità di vedere la bellezza del cielo stellato e può creare problemi alla flora e alla fauna a causa del cosiddetto inquinamento luminoso. Inoltre far entrare l’illuminazione artificiale notturna delle strade dentro le nostre case, ossia avere luce intrusiva, può dare luogo a problemi nel sonno e nell’umore delle persone.

Scienza sul balcone è nato per studiare proprio la luce intrusiva, per sapere quanta luce artificiale raggiungesse i balconi e le finestre delle nostre case: una mappatura che a un singolo ricercatore avrebbe richiesto mesi e che con l’aiuto di tutti è stata tentata in soli tre giorni.

Per focalizzare l’attenzione sull’inquinamento luminoso causato dagli apparecchi di illuminazione le misure sono state effettuate in giorni in cui la luce della Luna era ridotta al minimo oppure del tutto assente.

La scelta del tema del progetto non è stata casuale. I motivi della scelta sono principalmente due, il primo la familiarità che tutti abbiamo con l’illuminazione notturna che fa parte ormai della nostra quotidianità e l’altro i significativi messaggi che la luce in particolar modo consente di trasmettere. Fisica, rispetto per l’ambiente, salute e benessere: sono queste alcune delle parole chiave. Molteplici sono gli studi che approfondiscono gli effetti della luce intrusiva sul nostro ritmo circadiano, mettendo in luce, è il caso di dirlo, gli effetti che a livello fisiologico si possono avere. Che dire poi sull’importanza di rispettare il panorama notturno, di percepire la bellezza dell’ambiente naturale in cui siamo inseriti di notte e di un uso consapevole delle risorse.

La luce spesso viene data per scontata e relegata al ruolo di pura visione, senza considerare che non c’è un unico modo di vedere ma un’infinita molteplicità di interpretazioni del mondo che ci circonda che solo una progettazione consapevole può svelare, come avviene per la musica e più in generale per l’arte.

Nel The new world atlas of artificial nigth sky brightness pubblicato nel 2016 sulla rivista Science Advances sono state inserite le mappe aggiornate, come quella globale della luminosità artificiale del cielo notturno (fig. 1) e delle riflessioni sulle nuove protagoniste del mercato, le luci led. I dati presenti in questa nuova versione sono stati acquisiti dal satellite Suomi NPP (National Polar-orbiting Partnership) della NASA, per mezzo del sensore VIIRS (Visible/infrared Imaging Radiometer Suite) e presentano, ad esempio in Europa, uno scenario preoccupante che evidenzia la presenza di una quantità di luce che viene inviata verso l’alto in maniera spesso incontrollata. Ma è importante accompagnare a questo risultato uno studio puntuale di ciò che accade a livello del suolo.

4 Come sono state svolte le misure

Per poter fare un esperimento di citizen science è necessario che lo strumento di misura sia disponibile a tutti: fortunatamente una misura di questo tipo era possibile utilizzando il proprio smartphone. Infatti ogni moderno telefono cellulare deve avere un sensore per la luce, in modo da adeguare la luminosità all’ambiente circostante: al sole la luminosità dello schermo sarà massima, mentre di notte si ridurrà, per non disturbare e ridurre il consumo della batteria. Esistono quindi moltissime applicazioni, anche gratuite, che permettono di misurare l’illuminamento, una grandezza fotometrica che ha come unità di misura il Lux. Le grandezze fotometriche, estremamente importanti al punto che la candela (cd – unità di misura dell’intensità luminosa) è una delle sette unità di base del Sistema Internazionale, valutano la luce percepita dal nostro occhio. L’app utilizzata è stata Lux Light Meter (fig. 2), ma una delle app più interessanti in questo senso è Phyphox (fig. 3), sviluppata dall’Università di Aachen, alle cui potenzialità meriterebbe dedicare un articolo a parte.

5 Come si diffonde un esperimento di citizen science

Molto efficaci per la comunicazione del progetto sono risultati gli strumenti utilizzati. Oltre ai canali istituzionali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, le informazioni sono state diffuse anche attraverso i canali social dei referenti coinvolti che hanno permesso di raggiungere un pubblico estremamente vasto ed eterogeneo, grazie anche alla fama e credibilità raggiunta. Altro elemento chiave per il successo del progetto sono stati i rapporti maturati con le scuole che si sono dimostrate entusiaste di partecipare e hanno contribuito attraverso l’invio delle misurazioni ma anche la realizzazione di iniziative di divulgazione sul tema “peer to peer” con video caricati in rete. Gli strumenti di comunicazione utilizzati hanno permesso inoltre un feedback immediato in risposta a dubbi, domande, commenti o semplici momenti di svago a commento di particolari situazioni.

6 Risultati

Il numero di misure è stato assai elevato e superiore alle più rosee previsioni: quasi 10000 le misure effettuate nei giorni tra il 23 e il 25 marzo e tra l’8 e il 15 aprile 2020. Tutte le 107 province italiane sono state coinvolte nella prima fase. Anche se la ricerca era stata presentata solo in italiano per un pubblico “locale” sono giunte misure provenienti da paesi europei come Spagna, Belgio, Danimarca, Regno Unito, Portogallo, Francia, Austria, Svizzera, Germania, Svezia, Olanda e da paesi extraeuropei come Brasile, Argentina, Niger, Giappone e Canada.

La regione da cui sono arrivati più dati (fig. 4) è stata la Lombardia con 1871 (25,9%) seguita dall’Emilia Romagna con 765 (10,7%) e dalla Toscana con 750 (10,4%). È interessante osservare la distribuzione dei dati per provincia, che può evidenziare la presenza di “focolai” (in questo caso termine positivo) di dati, aspetto spesso presente nella citizen science. Infatti dopo le due province italiane più abitate (Milano e Roma) troviamo molto presenti Firenze, Genova e Monza-Brianza (dove abitano i collaboratori del progetto). Modena è presentissima, soprattutto per i dati giunti da un unico comune, Pavullo nel Frignano, la cui partecipazione di una scuola superiore è stata bellissima.

Il 73,7% dei partecipanti ha utilizzato un dispositivo Android mentre il restante 26,3% un iOS. Rispetto alla reale incidenza sul mercato dei cellulari si ha una maggiore presenza di smartphone iOS: questo può essere spiegato con il fatto che gli utilizzatori di dispositivi Apple sono generalmente forti utilizzatori di App e di servizi Internet.

Un dato molto interessante è quello sul valore medio dei Lux che giungono sulle nostre finestre durante la notte. I partecipanti all’esperimento hanno misurato l’illuminamento sulle soglie delle finestre delle proprie abitazioni oppure andando sul balcone. Un’illuminazione completamente naturale prevederebbe un valore massimo di 0,3 Lux (il valore di illuminamento prodotto dalla luna piena). Come si vede (fig. 5 a destra) i valori sono assai più alti sia in centro città che in periferia che in campagna. Soprattutto in centro città il valore medio è assai elevato. I risultati sono delle medie calcolate su tutti i dati giunti: i valori della deviazione standard, che indica quanto i valori sono vicini o lontani dalla media, sono assai elevati e saranno oggetto di analisi di una prossima pubblicazione specialistica.

7 Seconda serie di misure

Al di sopra anche dei risultati numerici appena discussi il “risultato” più significativo di scienza sul balcone è stato forse l’interesse che ha suscitato nelle persone. Moltissime domande sono giunte agli organizzatori e queste domande mostrano un grande interesse e soprattutto un grande coinvolgimento da parte delle persone che hanno partecipato. Molti hanno evidenziato come la misura cambiasse usando due dispositivi diversi o come inclinando lo smartphone il risultato potesse cambiare in maniera apprezzabile. Altri notavano come alcune cifre decimali non si stabilizzavano mai durante la misura. In questo modo tante persone hanno imparato, direttamente facendo una misura e non solo teoricamente, concetti come accuratezza, precisione, ripetibilità e riproducibilità o si sono accorti di quel concetto, tanto caro ai fisici sperimentali, che è l’errore sperimentale. In una seconda serie di misure abbiamo chiesto, in particolare alle studentesse e agli studenti delle scuole superiori, di provare a fare una specie di taratura dei loro smartphone. Esperimento che in tanti hanno fatto con passione e attenzione. Chi poi aveva a disposizione uno strumento professionale per la misura dei Lux poteva anche provare a vedere l’accuratezza degli smartphone. Il risultato è stato assai incoraggiante e permette di considerare i telefoni cellulari abbastanza affidabili.

8 Conclusioni

Le misure effettuate rappresentano un significativo bacino di informazioni da cui attingere ma non è solo questo il loro valore. La ricchezza del progetto è soprattutto la condivisione di metodi e procedure tipiche del metodo scientifico, l’invito a essere curiosi, a provare a sbagliare, a riprovare e a osservare, come afferma Galileo Galilei, il mondo che ci circonda con gli occhi di chi davvero vuole vedere. Condividere questi messaggi e i risultati degli esperimenti non è più uno step aggiuntivo a cui il ricercatore è invitato a contribuire ma è parte integrante del processo stesso di ricerca che per sua natura genera un percorso di crescita collettivo. Da questo punto di vista la citizen sience rappresenta una preziosa risorsa perché si basa sulla collaborazione tra scienziati professionisti e cittadini, i quali, spinti essenzialmente dal desiderio di conoscenza e di dare il proprio contributo al progresso scientifico, si occupano della raccolta e dell’eventuale analisi dei dati ottenuti. Il coinvolgimento dei cittadini permette di avere in tempi relativamente brevi un’ingente quantità di dati e il confronto costante con gli esperti tenuti a supervisionare il lavoro in modo da avere risultati affidabili e non diffondere false idee nell’opinione pubblica.

L’impressione acquisita in questi mesi di lavoro è che ci sia un forte desiderio collettivo di confronto tra società e comunità scientifica. Anche la rivista Nature, insieme a molti giornali italiani, ha colto l’importanza di sfruttare il lockdown per fare scienza insieme. In un momento storico in cui è immediato raggiungere un’innumerevole quantità di informazioni, garantire il rigore dei dati e l’accessibilità a risorse approvate da parte della comunità scientifica è un dovere da parte delle istituzioni. Quello che è risultato decisivo all’interno del progetto è stato il coraggio di lanciare una proposta e di strutturare un programma di lavoro efficace a partire dai primi segnali ricevuti. Nel momento in cui si attua una campagna di comunicazione, anche sperimentale come in questo caso, in grado di raggiungere un vasto bacino di contatti, ci siamo accorti che è la curiosità e l’interesse delle persone a fare da cassa di risonanza. Un altro passaggio chiave è stato inoltre la facile raggiungibilità dei referenti scientifici che si sono dimostrati preparati e comunicativi. Rispondendo rapidamente alle domande hanno saputo creare un rapporto di “fiducia” e di confronto sui risultati che ha portato poi a successivi sviluppi come la campagna effettuata per misurare l’inquinamento acustico.

Come afferma il fisico austriaco Erwin Schrödinger “Il problema non è vedere quello che nessuno ha mai visto, ma pensare quello che nessuno ha mai pensato di fronte a quello che tutti vedono”. Questo è #scienzasulbalcone, l’invito a osservare con uno sguardo nuovo e al tempo stesso curioso fenomeni che fanno parte della nostra vita quotidiana e, in un momento storico a memoria senza precedenti, costruire insieme il nostro futuro secondo i principi e i valori della scienza.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico. Silvia Mattoni, Luca Balletti, Cecilia Tria e il team social Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico.