L'esperimento JUNO

Il gigante che mette in ordine i neutrini

Lucia Votano


L'esperimonto JUNO

Il gigante che mette in ordine i neutrini

1 Introduzione

Elusivo, sfuggente sono sinonimi che accompagnano spesso il sostantivo neutrino, un corpuscolo inquadrato all’interno del Modello Standard (MS) delle particelle elementari. Termini appropriati perché i neutrini, senza carica elettrica e soggetti unicamente alla forza debole, interagiscono pochissimo con la materia e attraversano indisturbati stelle, galassie, arrivando sino a noi dagli angoli più remoti e nascosti del Cosmo. Apparsi liberi nell’universo ad appena un secondo dal Big Bang, lo pervadono come dei fantasmi evanescenti, in numero quasi pari a quello dei fotoni della radiazione cosmica di fondo (CMB).

C’è però un altro senso che possiamo attribuire alla loro elusività, legato alla constatazione che molto rimane ancora da scoprire sulla loro natura.

Fu Wolfang Pauli più di 90 anni fa a formulare l’ipotesi dell’esistenza di particelle molto leggere ed elettricamente neutre, che chiamò neutroni, affinché nella reazione di decadimento beta si conservasse l’energia totale. Dopo la scoperta nel 1932 del neutrone come costituente pesante dei nuclei, nel 1933 Enrico Fermi propose un’innovativa teoria del decadimento beta, ipotizzando l’esistenza di una nuova interazione responsabile del processo, molto più debole di quella elettromagnetica, da allora nota come “l’interazione debole”, e suggerì di chiamare con il diminutivo di neutrone – neutrino, la particella leggera ipotizzata da Pauli, scoperta poi nel 1956.

Da allora il neutrino è stato oggetto di molte ricerche sperimentali e ipotesi teoriche, tuttavia la sua vera natura ancora ci sfugge.

In questi decenni siamo tuttavia riusciti a rivelare che esistono tre distinti tipi o sapori di neutrini, ognuno dei quali si colloca in una delle tre famiglie di particelle del MS insieme all’omologo leptone carico: il $\nu_{e}$ e con l’elettrone, il $\nu_{\mu}$ con il muone, il $\nu_{\tau}$ con il tau. Un solido legame unisce ogni coppia e nelle interazioni cariche della forza debole ognuno dei tre neutrini può solo produrre il leptone della sua stessa famiglia.

Dopo la rivelazione del $\nu_{e}$, il $\nu_{\mu}$ fu scoperto nel 1962, mentre l’esistenza del $\nu_{\tau}$ fu dimostrata solo nel 2000. Per quel che sappiamo, non esistono altri tipi di neutrino e il numero di quelli attivi è fissato pari a tre dalla larghezza di decadimento del bosone Z, misurata a LEP e a SLAC.

In analogia con i tre leptoni carichi con masse ben definite che vanno da 0,5 MeV per l’elettrone a 105,7 MeV per il muone e a 1777 MeV per il tau, potremmo pensare che siano già note anche le masse dei tre neutrini. Così non è: sono così piccole che non è stata ancora inventata la “bilancia” capace di misurarle. Esistono dei limiti superiori complessivi che possono essere ricavati da misure cosmologiche o dagli esperimenti che cercano il decadimento doppio beta senza neutrini. Questi limiti dipendono però dai modelli utilizzati nel calcolo.

La misura diretta della massa del neutrino può in linea di principio essere ricavata dal decadimento beta di alcuni nuclei. Di recente l’esperimento Katrin (Karlsruhe Tritium Neutrino Experiment) in Germania ha abbassato a 0,8 eV il limite sulla massa del neutrino nel decadimento del trizio. Un valore quasi 5 ordini di grandezza minore rispetto alla massa dell’elettrone, e 11 ordini di grandezza rispetto al quark top, il più pesante dei fermioni del MS: un enigma ancora oggi senza spiegazione.

In linea di principio, prima ancora di parlare della sensibilità degli esperimenti, bisogna dire che un neutrino di sapore definito non ha una massa univocamente assegnata poiché i tre neutrini di massa definita $\nu_{1}$, $\nu_{2}$, $\nu_{3}$ (autostati di massa) non coincidono con i tre neutrini prodotti dall’interazione debole con un determinato sapore $\nu_{e}$, $\nu_{\mu}$, $\nu_{\tau}$ (auto-stati di interazione).

Gli autostati di massa e di sapore sono tuttavia legati tra loro da una matrice di mescolamento.

Sperimentalmente Katrin osserva lo spettro dell’energia dell’elettrone emesso nel decadimento beta, che dipende dalla combinazione dei tre contributi dovuti ai neutrini con data massa. Questo implica che la massa del neutrino misurata o sulla quale si pone un limite sia una media sulle tre masse, pesate con gli elementi della matrice di mescolamento al quadrato.

Siamo arrivati a capire tutto ciò dopo aver scoperto che queste particelle modificano in volo il loro sapore mentre viaggiano nello spazio e nel tempo. Un fenomeno che i fisici chiamano oscillazioni del neutrino, indubbiamente la scoperta principale che abbiamo fatto su di essi.

Gli effetti macroscopici delle oscillazioni hanno generato a partire dagli anni ‘60 uno dei più appassionanti gialli della fisica: il mistero della scomparsa di una consistente parte dei neutrini elettronici emessi dal Sole, rispetto al numero atteso in base alla conoscenza della nostra stella e alla misura della sua luminosità. Un mistero che assunse proporzioni ancora più ampie quando si scoprì che anche i neutrini muonici, prodotti secondari dell’interazione nell’atmosfera terrestre dei raggi cosmici primari, erano in numero minore rispetto a quelli attesi. La misteriosa scomparsa ha intrigato per anni innumerevoli fisici che, tessera dopo tessera, hanno alla fine stanato il neutrino come il vero colpevole, o meglio la sua capacità di trasformarsi oscillando da uno all’altro dei tre tipi. Solo misurando i neutrini di tutti i sapori si ebbe la prova definitiva che quelli elettronici provenienti dal Sole che mancavano all’appello si ritrovavano tra i neutrini muonici e tauonici prodotti dall’oscillazione.

Si tratta della manifestazione di un fenomeno di fisica quantistica per cui i tre neutrini di massa definita sono una mescola dei tre neutrini di diverso sapore prodotti nelle interazioni deboli, e viceversa. Un fenomeno che implica necessariamente che almeno due di loro abbiano massa, e fra loro differenti.

Accade quindi che ad esempio i neutrini elettronici emessi dal Sole, essendo una mescola di tre auto-stati di masse che si muovono con velocità leggermente diverse, possano cambiare questa composizione viaggiando fino a noi e trasformarsi in un neutrino muonico o tau.

Poiché il MS nella sua formulazione minimale prevedeva che i neutrini fossero a massa nulla come il fotone, le oscillazioni sono la dimostrazione sperimentale che la descrizione del mondo microscopico del Modello Standard, che pure ha innumerevoli conferme sperimentali, non è più del tutto sufficiente.

Un successo per Bruno Pontecorvo che aveva teorizzato la possibilità delle oscillazioni già nel 1957.

Le oscillazioni dei neutrini, che hanno consentito di spiegare alcune anomalie in campo astrofisico e allo stesso tempo di conoscere meglio la natura di queste particelle, sono ancora oggi lo strumento principale per continuare a indagare sulla loro natura.

La formulazione quantitativa della probabilità di oscillazione, che descrive come cambia in modo oscillatorio la probabilità che un neutrino di energia $E$, prodotto all’istante $t$ in un punto $x$ con un dato sapore, si trasformi in un neutrino di diverso sapore ad una distanza $L$ dalla sorgente, dipende dalla matrice $3\times 3$ detta PMNS dalle iniziali di quattro scienziati (Pontecorvo-Maki-Nakagawa-Sakata) e dalle tre differenze dei quadrati delle masse ($\Delta m^{2}_{21}$, $\Delta m^{2}_{32}$ e $\Delta m^{2}_{31}$).

Dalle oscillazioni dei neutrini dunque non è possibile ricavare il valore assoluto delle masse.

Assumendo che la matrice PMNS sia unitaria, essa può essere parametrizzata in funzione di tre angoli di mescolamento $\theta_{12}$, $\theta_{13}$ e $\theta_{23}$ e una fase $\delta$ che tiene conto della possibile violazione della simmetria CP nel settore leptonico e quindi del possibile diverso comportamento nelle oscillazioni tra neutrini ed antineutrini.

Al momento gli angoli di mixing sono noti con una precisione che va dal 4% al 10%. Inoltre l’esperimento T2K ha pubblicato di recente dati consistenti con l’ipotesi della violazione di CP nelle interazioni di neutrino. Tale risultato necessita tuttavia di una conferma da parte degli esperimenti di nuova generazione, dotati di maggiore sensibilità.

Sapere con certezza se i neutrini, come i quark, violano la simmetria CP e in che misura, potrebbe aiutarci a trovare la spiegazione della prevalenza della materia sull’antimateria nei primissimi istanti dell’universo dopo il Big Bang, a dispetto del fatto che all’inizio di tutto fossero state prodotte in quantità perfettamente uguali.

Se i neutrini si propagano nella materia anziché nel vuoto la probabilità di oscillazione è modificata dalla comparsa di un’ulteriore fase perché la componente $\nu_{e}$ interagisce con gli elettroni del mezzo attraversato (tipicamente la Terra) anche attraverso l’accoppiamento di corrente carica debole, al contrario del $\nu_{\mu}$ e $\nu_{\tau}$ che interagiscono solo attraverso l’accoppiamento di corrente neutra. La modifica dell’equazione di propagazione è nota come effetto Mikheyev-Smirnov-Wolfenstein (MSW) o effetto materia che può comportare, in modo diverso per i neutrini e gli antineutrini, un’amplificazione degli effetti di oscillazione. L’effetto MSW va tenuto in conto nel caso si utilizzino neutrini atmosferici o fasci artificiali prodotti da acceleratori misurati a lunga distanza dalla sorgente.

Infine la matrice PMNS nel vuoto si modifica leggermente con l’aggiunta di altre due fasi nel caso in cui il neutrino non sia un fermione di Dirac come i quarks o i leptoni carichi, ma sia un fermione di Majorana identico alla sua antiparticella, senza che ciò abbia influenza sulla misura delle oscillazioni.

La natura di Majorana dei neutrini può essere provata cercando di misurare il doppio decadimento beta senza neutrini di alcuni nuclei in laboratori sotterranei come quello del Gran Sasso dell’INFN.

Al momento una teoria molto accreditata di estensione del MS è la leptogenesi, che pone il neutrino come principale indiziato della scomparsa dell’antimateria primordiale e che richiede che essi siano fermioni di Majorana. Se confermata, sarebbe in grado di mettere in relazione evidenze sperimentali apparentemente molto distanti quali l’origine della massa dei neutrini e l’asimmetria materia-antimateria dell’Universo e inoltre spiegare come mai la massa dei neutrini sia così incredibilmente piccola rispetto a quella delle altre particelle elementari.

In conclusione i neutrini non ci hanno ancora svelato la loro natura per intero, non conosciamo quale sia il meccanismo che conferisce loro le masse, non ne conosciamo i valori assoluti e come esse siano ordinate, e non sappiamo se siano particelle di Dirac o di Majorana.

2 La gerarchia di massa dei neutrini

L’ordine o gerarchia delle tre masse è quindi uno dei grandi problemi aperti che aspettano ancora oggi una risoluzione. Lo studio dei neutrini solari ci ha consentito di conoscere l’ordine di una delle coppie di neutrini di massa definita ( $m_1 < m_2$ ) ma non sappiamo ancora se $m_3$ sia la più leggera o la più pesante del terzetto. In analogia con i leptoni carichi, poiché $\nu_1$ contiene la percentuale più grande di neutrino elettronico e $\nu_3$ la più piccola, delle due possibili soluzioni quella ( $m_1 < m_2 < m_3$ ) è detta gerarchia diretta (NMO), e l’altra ( $m_3 < m_1 < m_2$ ) gerarchia inversa (IMO). Non si può escludere tuttavia che la massa del più leggero dei neutrini sia del tutto comparabile con quella degli altri tre, nel qual caso si parla di masse degeneri.

Stabilire l’ordine delle masse dei neutrini potrebbe sembrare una questione che riguarda solo la classificazione sistematica di queste particelle. In realtà i motivi d’interesse sono molteplici e si riallacciano agli altri problemi ancora irrisolti sui neutrini o di natura astrofisica e cosmologica.

Ad esempio sappiamo che nell’ambito del modello cosmologico $\lambda$CDM, a causa degli effetti gravitazionali dei neutrini “fossili” rilasciati subito dopo il Big Bang, dall’analisi della radiazione cosmica di fondo si può ricavare, in funzione del valore attribuito al neutrino più leggero, un limite superiore alla somma della massa dei neutrini che tuttavia dipende dalla gerarchia di massa. Sapere quale tra $\nu_1$ e $\nu_3$ è il più leggero ci aiuterebbe quindi a stabilire il limite inferiore della scala assoluta delle masse dei neutrini, che al momento è $\sim 0,05$ eV nel caso NMO e $\sim 0,1$ eV for IMO.

Abbiamo già menzionato quanto sia rilevante sapere se il neutrino coincida con la sua antiparticella, come suggerito da Majorana. Ebbene, natura di Majorana e gerarchia di massa sono questioni legate l’una all’altra. Da una parte l’ordine dei neutrini è un parametro cruciale per riuscire a fare pulizia tra le varie teorie di estensione del MS che cercano di spiegare l’origine delle loro masse; dall’altra, se la gerarchia è quella inversa, gli esperimenti DBD di prossima generazione hanno sufficiente sensibilità per sperare di sciogliere l’enigma Dirac o Majorana. Se invece si stabilisse che la gerarchia è diretta, un risultato negativo da parte degli esperimenti di prossima generazione non escluderebbe l’ipotesi della natura di Majorana e bisognerebbe rimandare la soluzione a esperimenti di là da venire e ancora da progettare.

La determinazione della gerarchia di massa ha anche implicazioni nell’ambito dell’astronomia neutrinica in particolare per l’interpretazione dei dati nel caso di un evento da Supernova nella nostra galassia.

Infine, argomento non ultimo per rilevanza, una determinazione indipendente della gerarchia di massa è importante per la significanza da attribuire alla misura della violazione di CP con gli esperimenti di prossima generazione che utilizzano a grandi distanze fasci artificiali di neutrini da acceleratori (LBL).

3 Il gigante JUNO

La fisica del neutrino entrerà nell’era delle misure di precisione con gli esperimenti di prossima generazione, già in costruzione o programmati.

Il Jiangmen Underground Neutrino Observatory (JUNO) è un gigante, il più grande rivelatore al mondo di scintillatore liquido, il cui scopo principale consiste nel mettere in ordine le masse dei tre neutrini conosciuti, misurando con estrema accuratezza l’energia degli antineutrini elettronici emessi da reattori nucleari. Le sue eccezionali caratteristiche e dimensioni ne fanno tuttavia un rivelatore ottimale per determinare molto precisamente tre dei parametri indipendenti delle oscillazioni ( $\theta_{12}$, $\Delta m_{12}^{2}$, $\Delta m_{32}^{2}$ ), e rivelare neutrini di origine naturale, terrestri ed extraterrestri, inclusi i neutrini atmosferici e provenienti dal sole, quelli da eventi di Supernova, e il fondo diffuso da esse.

L’esperimento è in fase di costruzione nel sud della Cina, a 43 km da Kaiping, una città da quasi 700000 abitanti nella provincia del Guandong, l’area del delta del Fiume delle Perle. Nel raggio di 200 km si trovato alcune città con molti milioni di abitanti come Guangzhou (Canton), Shenzhen, and Hong Kong (fig. 1). Si tratta, infatti, di una delle più popolose zone del pianeta e tra le più sviluppate della Cina.

4 Metodi di misura della gerarchia di massa

Per molti anni i differenti esperimenti che hanno osservato le oscillazioni, grazie ai piccoli valori del rapporto $\Delta m_{21}^{2} / \Delta m_{31}^{2}$ (circa 3%) e dell’angolo $\theta_{13}$, si sono avvalsi del formalismo a due neutrini da cui non è possibile dedurre il segno di $\Delta m_{31}^{2}$.

Per risolvere l’ambiguità sulla gerarchia di massa occorre o sfruttare l’effetto materia che amplifica le differenze delle oscillazioni nelle due ipotesi o comunque per le oscillazioni nel vuoto avere sufficiente sensibilità per utilizzare il formalismo completo a tre neutrini. A tale scopo è stato risolutivo il valore significativamente diverso da zero di $\theta_{13}$ misurato da DayaBay, Reno e DoubleChooz, che ha aperto agli esperimenti e alle tecnologie al momento disponibili una realistica possibilità di riuscire a misurare la gerarchia di massa sfruttando le sottili differenze da essa indotte sulle probabilità di oscillazioni proporzionali a $\mathrm{sin}^{2} (2 \theta_{13})$

Gli esperimenti al momento in corsa o programmati capaci di risolvere l’ambiguità sul segno di $\Delta m_{31}^{2}$ sono molto diversi tra loro e appartengono a tre categorie:

• JUNO utilizza le oscillazioni $\nu_{e} \rightarrow \nu_{e}$ e a media distanza ($\sim 50$ km) e gli antineutrini elettronici da reattore di energia dell’ordine del MeV;

• le oscillazioni $\nu_{\mu} \rightarrow \nu_{e}$ e a grande distanza con (anti-)neutrini da acceleratori di energia intorno al GeV sono utilizzati da NO$\nu$A, esperimento già in attività e in futuro da DUNE, ambedue negli Stati Uniti;

• le oscillazioni degli (anti-)neutrini atmosferici sono invece utilizzate dagli esperimenti SuperKamiokande e ICECube e nel futuro da PINGU, ORCA, Hyper-K e INO.

Le tecniche e i metodi di rivelazione, i tempi di realizzazione di questi esperimenti sono molto diversi, ma alla fine i risultati saranno complementari, consentendo di misurare sia la gerarchia di massa, sia l’entità della violazione di CP nel settore leptonico.

Gli esperimenti LBL sfruttano proprio l’effetto materia: osservano l’apparizione di $\nu_e$ in un fascio di $\nu_{\mu}$ prodotto da acceleratori e la probabilità che questo accada è diversa per neutrini e antineutrini, e a seconda del segno di $\Delta m_{31}^{2}$.

È un effetto che aumenta all’aumentare della distanza e che quindi sembra favorire NO$\nu$A (1300 km) rispetto a T2K (295 km).

In particolare per il valore di energia corrispondente al primo massimo dell’oscillazione, nel caso di gerarchia diretta l’effetto materia amplifica la probabilità di apparizione dei neutrini e deprime quella degli antineutrini, il viceversa accade per la gerarchia inversa.

Gli esperimenti LBL inoltre misurano con grande precisione sia l’oscillazione $\nu_{\mu}\rightarrow \nu_{e}$, sia la probabilità di sopravvivenza $\nu_{\mu}\rightarrow \nu_{\mu}$, utilizzando i valori già noti degli angoli di mescolamento. Ottimizzando il rapporto tra distanza dalla sorgente ed energia dei neutrini e assumendo che i $\nu_{\mu}$ si propaghino in un materiale con densità elettronica costante, sono in grado di discriminare il segno di $\Delta m_{31}^{2}$. La misura tuttavia è strettamente legata a quella di $\delta_{CP}$ e all’incertezza sulla maggiore o minore percentuale di $\nu_{\tau}$ rispetto a $\nu_{\mu}$ nella composizione di $\nu_{3}$ , detta incertezza sull’ottante $(\theta_{23} < \pi/4$ o $\theta_{23} > \pi/4)$.

Anche gli esperimenti che usano i neutrini atmosferici sfruttano l’effetto materia. In questo caso gli apparati misurano contemporaneamente sia neutrini sia antineutrini di diverso sapore e inoltre non si può assumere che la densità rimanga costante lungo tutto il percorso. Se un apparato è in grado di distinguere le cariche delle particelle e quindi tra interazioni di neutrino e di antineutrino, basterebbe in linea di principio capire in quale caso si ha l’oscillazione risonante che favorisce i neutrini nel caso di gerarchia diretta e gli antineutrini per quella inversa. Se invece l’apparato è solo in grado di discriminare tra i vari sapori, la misura è più complicata ma ancora possibile, grazie all’ampiezza dell’effetto materia e grazie alle differenze nei flussi e nelle sezioni d’urto tra neutrini e antineutrini.

In JUNO invece è possibile utilizzare solo il formalismo delle oscillazioni nel vuoto perché l’effetto materia è trascurabile a causa della breve distanza dalla sorgente. La misura della gerarchia con gli antineutrini da reattore è inoltre completamente indipendente da $\delta_{CP}$ e $\theta_{23}$. Questo costituisce un grande vantaggio e l’esperimento può giocare un ruolo chiave nell’analisi combinata dei vari esperimenti.

Lo stato dell’arte è tale per cui nessuno degli esperimenti al momento operativi di oscillazione con fasci artificiali di neutrini muonici a lunga distanza o che sfruttano i neutrini atmosferici, è in grado di risolvere l’ambiguità sul segno di $\Delta m_{31}^{2}$. Anche i fit globali su tutti i dati finora esistenti, includendo anche quelli da reattori, mostrano un quadro indeterminato con qualche tensione tra i vari esperimenti e per di più dipendente dai metodi statistici di analisi utilizzati.

5 La misura della gerarchia in JUNO

Il fenomeno delle oscillazioni modifica il flusso e la distribuzione in energia degli antineutrini elettronici emessi dai reattori in funzione della distanza del rivelatore. JUNO, posto a una distanza corrispondente al primo massimo della probabilità di oscillazione tipica dei neutrini solari, registrerà come gli esperimenti di “scomparsa” una notevole riduzione del flusso degli $\bar{\nu}_{e}$, tuttavia la determinazione della gerarchia di massa si basa principalmente sulla misura molto accurata delle variazioni della loro distribuzione in energia.

Nella fig. 2 è mostrata la simulazione della convoluzione della probabilità di sopravvivenza degli antineutrini elettronici con il flusso aspettato dai reattori, la sezione d’urto d’interazione e l’efficienza e risoluzione dell’apparato. Si osserva una dipendenza sia dai parametri $\Delta m_{12}^{2}$ e $\theta_{12}$, tipici dei neutrini solari che inducono una oscillazione lenta e di grande ampiezza con un minimo a una distanza di circa 50 km, sia da $\Delta m_{32}^{2}$ e $\theta_{13}$, propri delle oscillazioni degli atmosferici, responsabili di una oscillazione piccola e molto veloce, la cui fase dipende dall’ordine delle masse. L’interferenza fra le due frequenze fondamentali di oscillazione è quindi diversa nel caso di gerarchia diretta o inversa ed è questa sottile differenza che JUNO intende sfruttare per ricavare il segno di $\Delta m_{31}^{2}$.

Appare quindi chiaro che il successo di JUNO si basa sulla possibilità di utilizzare una sorgente molto intensa di antineutrini, di avere una superba risoluzione energetica e un pieno controllo degli eventi di fondo e degli errori sistematici. L’obiettivo più ambizioso è garantire una risoluzione in energia pari al 3% a 1 MeV e un controllo delle sistematiche a meglio del percento.

6 La sorgente di antineutrini

I reattori nucleari sono una copiosa sorgente di antineutrini di energia inferiore ai 10 MeV emessi nei decadimenti beta dei frammenti instabili della fissione nucleare. Il flusso, nota la composizione del combustibile, può essere ricavato dalla potenza termica del reattore. Tipicamente si utilizzano gli isotopi 235U, 238U, 239Pu, e 241Pu che rilasciano per ciascuna fissione un’energia termica di circa 200 MeV e in media 6 antineutrini. Un reattore commerciale tipico da 3 GW di potenza termica emette circa $6\times 10^{20} \bar{\nu}_{e}$ al secondo.

Sebbene il processo di decadimento beta di un materiale fissile sia ben noto, il calcolo molto preciso del flusso di antineutrini emessi dal cuore di un reattore nucleare non è banale, e inoltre varia via via che i processi di fissione modificano la composizione del combustibile.

La predizione si basa su delle modellizzazioni in accordo con i materiali fissili utilizzati che usano sia l’inversione delle misure degli spettri beta emessi e/o calcoli basati sulle banche dati delle catene di decadimento nucleari. Nell’ultimo decennio un riesame dei dati utilizzati ha portato a una nuova predizione con un’incertezza intorno al 2% che ha prodotto un aumento di circa il 3,5% del flusso aspettato di antineutrini. A seguito di ciò i dati degli esperimenti a breve distanza da reattori mostrano un deficit dei flussi misurati di circa il 6%, noto come l’anomalia dei neutrini da reattore. Inoltre i tre esperimenti DayaBay, Reno e DoubleChooz hanno misurato un sovra-fluttuazione inaspettata nell’intervallo 5–7 MeV, correlata con la potenza termica del reattore, che finora non ha trovato spiegazione. A causa di queste incertezze la Collaborazione JUNO ha deciso nel 2018 di avvalersi anche di un rivelatore vicino per la misura dello spettro degli antineutrini e delle sue sottostrutture con una precisione in energia migliore del percento, anche se in linea di principio il metodo utilizzato per la misura della gerarchia di massa non lo richiederebbe. L’apparato vicino, chiamato TAO, è costituito da una tonnellata di scintillatore liquido e sarà posto a 30 metri di distanza da uno dei reattori utilizzati.

La scelta del sito di JUNO è stata determinata dalla necessità di trovarsi in prossimità di più centrali nucleari per assicurarsi una sufficiente statistica di eventi e dall’esigenza di porre l’apparato a una distanza corrispondente al massimo della lunga oscillazione tipica dei neutrini solari.

L’apparato è situato a uguale distanza (circa 53 km) da due complessi di reattori nucleari, Yangjiang e Taishan: Yangjiang è operativo con 6 reattori di seconda generazione, ciascuno di potenza termica 2,9 GW, le cui distanze tra ciascuna coppia vanno da 89 a 736 m; il complesso di Taishan ha due reattori di terza generazione da 4,6 GW ciascuno, a distanza di 252,5 m. È importante che le distanze tra le coppie di reattori siano relativamente piccole per evitare la cancellazione reciproca degli effetti di interferenza. C’è una possibilità che nel futuro siano installati altri due reattori a Taishan, per il momento i due complessi assicurano una potenza termica complessiva di 26,6 GW.

JUNO si trova anche a una distanza di circa 215 km dal complesso di reattori usati dall’esperimento DayaBay che contribuiranno, tenendo in considerazione le oscillazioni, a circa il 6,4% degli antineutrini rivelati. Altri 6 reattori di terza generazione sono in costruzione ad una distanza di 265 km.

La Cina, d’altra parte, con 27 centrali in costruzione è uno dei paesi più attivi nell’aumentare la quota di produzione di energia da fonte nucleare e non sorprende quindi che la proposta dell’esperimento sia partita proprio da questo Paese, che lo ha anche finanziato quasi interamente.

A circa 50 km dalle centrali nucleari utili a JUNO non esistono montagne, si è deciso quindi di scavare all’interno del fianco di una collina un pozzo di forma cilindrica per assicurare all’esperimento una ragionevole riduzione del flusso di raggi cosmici. La sala sperimentale (fig. 3) è stata ultimata e dotata di tutti gli impianti necessari, insieme alle due vie di accesso, un condotto verticale da 564 metri che ospita un ascensore e un tunnel (fig. 4) lungo 1266 metri, per il trasporto dei pezzi di apparato. I lavori di costruzione della struttura portante in acciaio dell’esperimento sono terminati e si stanno installando le varie facilities di supporto ai rivelatori e al riempimento dell’apparato.

La collina sopra il rivelatore è alta 240 m e il centro dell’apparato si trova a una profondità di 693,35 m, corrispondente a 1800 m.w.e. La roccia circostante è composta da granito di densità pari a 2,61 g/cm3. La radioattività naturale della roccia circostante dovuta al contenuto di 238U, 232Th, e 40K è rispettivamente pari a 120, 106, e 1320 Bq/kg, con il 10% di incertezza, sicuramente accettabile ma peggiore rispetto ai livelli misurati nel laboratorio del Gran Sasso. Il flusso stimato di muoni sull’apparato è di 0,004 Hz/m2 e la loro energia media 207 GeV, numeri molto importanti per la stima degli eventi di fondo nell’apparato e che hanno guidato alcune scelte in fase di progettazione.

7 Il rivelatore

JUNO (fig. 5) è sostanzialmente un gigantesco rivelatore da 20000 tonnellate di scintillatore liquido. La rivelazione degli antineutrini si basa sul processo beta inverso (IBD) $\bar{\nu}_{e} + p \rightarrow e^{+} + n$, ma l’apparato può rivelare neutrini di tutti i sapori attraverso il processo di scattering elastico su protone.

Il processo IBD che ha una soglia di 1,804 MeV è caratterizzato da una doppia segnatura importante per la discriminazione dagli eventi di fondo: un primo segnale veloce in cui si sommano l’energia cinetica del positrone e quella di annichilazione in due fotoni, e uno ritardato causato dalla termalizzazione e cattura del neutrone con emissione di un fotone di 2,2 MeV.

Il cuore dell’esperimento è il rivelatore centrale (CD) costituito da una sfera di 35,4 m di diametro formata da 265 pannelli in materiale acrilico trasparente di 12 cm di spessore, contenente le 20000 tonnellate di scintillatore liquido. Una conchiglia anch’essa sferica costituita da un reticolato di barre in acciaio (Stainless Steel Truss) con diametro 40,1 m racchiude il CD e lo sostiene mediante 590 barre di collegamento. La struttura di sostegno scarica il peso sul pavimento della sala mediante un sistema di 30 coppie di travi le cui fondamenta sono annegate nel cemento.

La luce emessa dallo scintillatore è raccolta da due sistemi indipendenti di lettura ancorati alla parte interna della struttura portante (fig. 6): il primo è costituito da 17612 fotomoltiplicatori da 20 pollici (Large PMT) e della relativa elettronica basata su FADC (flash analog-to-digital converter) per la misura della carica; il secondo da 25600 fotomoltiplicatori da 3 pollici (Small PMT), uniformemente inframmezzati a quelli grandi, e relativa elettronica per il conteggio digitale dei fotoni. Il sistema di lettura è protetto contro l’effetto del campo magnetico terrestre da bobine di compensazione montate sulla struttura portante.

Il rivelatore centrale e la struttura portante sono immersi in una piscina cilindrica contenente 35000 tonnellate di acqua ultra-pura che costituisce uno schermo sia attivo sia passivo. Agisce come assorbitore di radioattività naturale e neutroni cosmogenici ed è equipaggiata con un sistema di 2400 PMT da 20 pollici puntati verso l’esterno, ancorati alla superficie più esterna della struttura portante, che raccolgono la luce Cherenkov emessa al passaggio dei muoni cosmici.

La necessità di approvvigionarsi di un così gran numero di fotomoltiplicatori ha stimolato un processo di ricerca e sviluppo in Cina in stretta collaborazione con le industrie, che si è concluso con successo e che ha scardinato il quasi monopolio dell’Hamamatsu nel mondo della ricerca. Solo 5000 dei quasi 20000 PMT da 20 pollici sono del tipo convenzionale a dinodo (R12860-HQE) forniti dalla ditta giapponese, i rimanenti sono MPC-PMT basati sul sistema a micro-channel plate, sviluppati dalla cinese NNVT (North Night Vision Technology) con qualche vantaggio in termini di radiopurezza ed efficienza di raccolta di luce. I PMT a dinodo che hanno una risoluzione temporale migliore rispetto a quelli NNVT saranno strategicamente posizionati per ottimizzare la precisione di tracciamento e di identificazione del vertice. I PMT da 3 pollici (XP72B22) sono forniti dalla Hainan Zhanchuang Company.

La parte superiore della piscina è parzialmente coperta da un tetto di $21\times 40$ m2 costituito da tre piani di scintillatori plastici (Target Tracker) e dalla relativa elettronica di lettura per una misura precisa di una porzione del flusso di muoni cosmici. L’insieme dello schermo attivo di acqua e del Target Tracker costituiscono il sistema di veto dai cosmici dell’apparato. Sul tetto c’è anche una struttura a forma di ciminiera che connette il rivelatore centrale all’esterno, per consentire le operazioni di calibrazione.

8 Il cuore di JUNO e il sistema di lettura

Lo scintillatore liquido utilizzato in JUNO è costituito da un solvente del tipo LAB (Liquid alkylbenzene), il mezzo in cui avviene l’interazione dell’antineutrino, con una aggiunta di 2.5 g/L PPO and 3 mg/L bis-MSB come sostanze fluorescenti. La composizione è stata ottimizzata con misure specifiche a DayaBay per garantire la massima trasparenza alla luce emessa, considerate le dimensioni gigantesche dell’apparato, e una resa di luce molto alta. La composizione scelta garantisce una lunghezza di attenuazione superiore ai 20 metri e una resa di luce di circa 10000 fotoni/MeV. La radio purezza è un altro importante parametro per evitare un numero eccessivo di eventi di fondo. Per la misura della gerarchia di massa i limiti superiori di contaminazione accettabili sono 238U/232Th $< 10^{–15}$ g/g and 40K $< 10^{–16}$ g/g. Per la misura dei neutrini solari i limiti sono più stringenti e quindi l’obiettivo finale è tenere la contaminazione al di sotto di $10^{–17}$ g/g per U/Th/K. Per garantire la trasparenza e la radiopurezza, lo scintillatore sarà quindi sottoposto a vari e sofisticati processi di purificazione prima del trasferimento nel rivelatore centrale che fanno tesoro dell’esperienza acquisita al Gran Sasso dall’esperimento Borexino che ha raggiunto in questo campo risultati finora ineguagliati.

Un sistema di rivelazione (OSIRIS) costruito ad hoc monitorerà la radio purezza durante le fasi di riempimento del rivelatore che dureranno circa sei mesi.

Il rivelatore centrale e relativo sistema di lettura devono garantire una risoluzione energetica del 3% a 1 MeV, un’incertezza nella scala di energia a meno del percento e un range dinamico esteso dal singolo fotoelettrone per gli eventi di bassa energia a più di 1000 per sciami di muoni. L’obiettivo della risoluzione in energia nella sua componente stocastica fa affidamento sulla trasparenza dello scintillatore e sull’alta resa di luce ottenuta tramite i circa 18000 LPMT che, dopo i test di selezione, hanno mostrato un’efficienza media di rivelazione a 420 nm intorno al 29%. Il sistema dei LPMT assicura una raccolta di luce del 75,2%.

I LPMT sono dotati di una protezione in materiale acrilico contro un’eventuale implosione per evitare effetti a catena come successo nel 2001 nell’esperimento SuperKamiokande.

Gli SPMT, che contribuiscono a meno del 3% della raccolta della luce di scintillazione, sono un sistema di lettura completamente indipendente con caratteristiche e sistematiche differenti che funzionano sostanzialmente come contatori di fotoni per eventi sotto i 10 MeV – la maggioranza in JUNO. L’insieme dei due sistemi si configura come una doppia calorimetria che migliora la risoluzione in energia nella componente non stocastica, estende il range dinamico, riducendo notevolmente gli errori sistematici dei LPMT.

L’elettronica di lettura dei fototubi è divisa in due parti, una posta nella piscina, l’altra in sala controllo. Per i LPMT la scatola ermetica posta in acqua serve tre fototubi e contiene l’unità di produzione e distribuzione dell’alta tensione e la scheda GCU (Global Central Unit) gestita da una FPGA che, impacchetta, memorizza e trasferisce i dati al sistema di acquisizione posto, insieme al sistema generale di trigger, nella sala controllo dell’esperimento. Nella GCU trovano posto, tra i vari componenti, un ADC custom a 12 bit con frequenza di sampling 1 Gsample/s per ciascun fototubo e una memoria RAM da 2 GB necessaria come ulteriore buffer di segnali nell’auspicabile caso dello scoppio di una Supernova che genera un frequenza molto alta di eventi. L’elettronica dei SPMT progettata per operare come contatore di singoli fotoni è simile a quella dei LPMT soprattutto per la parte al di fuori della piscina e nella comunicazione tra le due parti. La scatola sott’acqua contiene l’unità per l’alimentazione dei fototubi e una FPGA che gestisce 8 Charge And Time Integrated Read Out Chip (CATIROC) ASICs da 16 canali per la lettura e digitalizzazione dei segnali di 128 fotomoltiplicatori. Il sistema di lettura dei SPMT garantisce una misura della carica in un intervallo molto esteso che va dal singolo fotoelettrone sino a qualche centinaio, contribuisce a migliorare il tracciamento dei muoni nell’apparato e fornisce informazioni complementari nel caso di eventi da Supernova o per la misura di precisione dei parametri di oscillazione dei neutrini solari $\theta_{12}$ and $\Delta m_{21}^{2}$.

Il sistema di calibrazione in energia del rivelatore centrale deve essere molto affidabile e ridondante per garantire la linearità della scala in energia al meglio del percento. I contributi alla non linearità provengono da effetti diversi in fase di rilascio dell’energia nello scintillatore o a causa dell’elettronica di lettura. Il sistema di calibrazione si basa quindi su quattro sottosistemi che utilizzano un diffusore di luce laser pulsata e regolabile in intensità e possono inserire in varie posizioni all’interno dello scintillatore diverse sorgenti gamma, beta e di neutroni.

Dai risultati delle simulazioni ci si aspetta che la resa di luce complessiva dello scintillatore e del doppio sistema di lettura sia di 1345 fotoelettroni per MeV, che assieme al sistema di calibrazione possono garantire la risoluzione energetica e la precisione della scala in energia di progetto.

9 La fisica di JUNO: sensibilità e obiettivi

Gli eventi di fondo che possono simulare la doppia segnatura delle interazioni di IBD nello scintillatore hanno varia origine:

• coincidenze casuali generate tra eventi singoli prodotti dalla radioattività dei materiali utilizzati e della roccia circostante o da neutroni cosmogenici;

• produzione cosmogenica di isotopi 8He e 9Li che rilasciano un elettrone $\beta^{-}$ e un neutrone in modo analogo alla reazione IBD;

• reazioni 13C ( $\alpha$, n ) 16O indotte da particelle alfa emesse da Torio ed Uranio che interagiscono con il 13C presente nello scintillatore.

Anche i geo-antineutrini prodotti dagli isotopi di Uranio, Torio e Potassio presenti nella Terra in linea di principio costituiscono un fondo aspettato di circa 1,2 eventi al giorno, tuttavia la loro energia è sotto i 2,6 MeV e non costituiscono un problema per gli eventi di più alta energia da reattore. Inoltre la misura dei geo-neutrini, con una precisione finora mai raggiunta, è uno degli obiettivi principali dell’esperimento che può quindi agevolmente sottrarli dagli eventi da reattori.

Una serie preliminare di tagli del volume fiduciale, in energia, intervallo temporale e distanza tra i due segnali ritardati sono stati messi a punto, insieme alla reiezione dei fondi cosmogenici, tramite simulazioni e saranno ottimizzati sull’apparato. Dalle simulazioni ci si aspetta circa 47 eventi al giornio da reattori con una contaminazione di circa il 7% di eventi di fondo.

La sensibilità dell’esperimento alla misura della gerarchia di massa, ottenuta con l’usuale minimizzazione della funzione del $\chi^{2}$ per le due ipotesi, è stata recentemente rivalutata tenendo conto di variazioni al progetto originale, in parte peggiorative come la mancata costruzione per il momento di altre due centrali a Taishan, lo spostamento di 60 m della sala sperimentale dovuta a condizioni geologiche e la conseguente minore copertura della roccia sovrastante, in parte migliorative come la costruzione del rivelatore TAO, le ottime caratteristiche dei fotomoltiplicatori e alcune ottimizzazioni nell’analisi. Al momento ci si aspetta che la sensibilità alla misura della gerarchia di massa sia intorno a $3\sigma$ in 6 anni.

Sono in corso analisi per valutare l’aumento di sensibilità nel caso di un’analisi combinata con gli esperimenti di fasci di neutrino a lunga distanza attualmente operanti come NO$\nu$A e T2K o quelli che usano neutrini atmosferici come IceCube- Upgrade/PINGU e ORCA.

Poiché JUNO è l’unico esperimento che vede contemporaneamente l’effetto delle oscillazioni tipiche dei neutrini solari e quelle dei neutrini atmosferici, può raggiungere in 6 anni una precisione dello 0,6% nella misura dei parametri $\mathrm{sin}^{2}2\theta_{12}$, $\Delta m_{21}^{2}$, and $\Delta m_{32}^{2}$, di grande utilità per le analisi combinate di esperimenti diversi.

Dopo la Supernova 1987A, il collasso ed esplosione di una stella massiccia nella nostra galassia o nelle vicinanze è un evento da lungo tempo atteso. I neutrini hanno un ruolo fondamentale nell’esplosione e si stima che in una Supernova di tipo II vengano emessi dell’ordine di 1058 neutrini corrispondenti al 99% dell’energia gravitazionale totale della stella, mentre solo l’1% va in energia cinetica del materiale espulso, lo 0,01% in energia luminosa, e più o meno altrettanto in onde gravitazionali.

Con le sue 20000 tonnellate di scintillatore liquido JUNO sarà in grado di rivelare gli antineutrini e i neutrini di tutti sapori emessi durante un intervallo temporale di alcuni secondi nelle tre fasi principali del processo, misurandone con grande accuratezza sia il flusso sia lo spettro energetico. Per un evento alla distanza media di 10 kpc si potranno rivelare circa 5000 eventi di antineutrino tramite IBD, 300 eventi di scattering elastico su elettrone e 2000 su protone, e alcuni eventi di corrente neutra e carica su 12C. È stata sviluppata una strategia di trigger dedicata ai neutrini da Supernova che si avvale del buffer aggiuntivo di memoria presente nell’elettronica di lettura.

JUNO potrebbe anche rivelare in 10 anni il fondo diffuso di neutrini da Supernova, con un numero di eventi IBD attesi di 2-4 per anno.

Un altro tema accessibile è la misura della componente da 8B e di 7Be dello spettro dei neutrini solari, che da una parte potrebbe aggiungere nuove informazioni sul problema aperto della metallicità del Sole e dall’altra misurare accuratamente la zona di transizione tra oscillazioni nel vuoto e nella materia. Con una soglia a 2 MeV e una sfera fiduciale di 13 metri di raggio sono attesi in 10 anni 60K eventi misurati e 30K eventi di fondo. Sarà ovviamente essenziale che il livello di contaminazione di 238U and 232Th si mantenga $<10^{–17}$ g/g.

Infine altri obiettivi di fisica possibili per JUNO sono la misura dei neutrini atmosferici , la ricerca del decadimento del protone nel canale $p \rightarrow \bar{\nu} + K$, la ricerca indiretta di materia oscura, la violazione dell’invarianza di Lorentz o effetti di interazioni non standard di neutrino.

10 Conclusioni

Per l’esperimento JUNO, il più grande rivelatore di scintillatore liquido al mondo, è iniziata la fase di installazione che è prevista concludersi per la fine del 2023. La collaborazione di circa 700 scienziati e 77 istituzioni include Cina, Europa, Russia, Brasile, Taiwan, Thailandia, Armenia e due istituzioni USA. In un momento buio della storia dell’Europa la collaborazione pacifica tra gli scienziati è un bene da preservare affinché i valori di democrazia, rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e del suo bisogno di nuova conoscenza possano sempre più affermarsi nel mondo.

Ringraziamenti

Si ringraziano Alberto Garfagnini, Alessandro Paoloni, Gioacchino Ranucci e Francesco Vissani per l’attenta lettura e la revisione del testo.