Quella telefonata per le strade di New York che ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare
Corrado Spinella
Nel 1973, Martin Cooper stava lavorando in Motorola allo sviluppo del primo telefono cellulare portatile. A quel tempo, l’unico modo per comunicare in movimento era tramite un telefono, ingombrante e costoso, installato a bordo del proprio autoveicolo. Cooper voleva creare un telefono abbastanza piccolo da stare in una tasca e che potesse essere utilizzato ovunque ed un giorno, mentre passeggiava per New York City, fece la prima telefonata mobile in assoluto. Chiamò il suo rivale, Joel Engel, impegnato, anch’egli, a sviluppare la stessa tecnologia ai Bell Labs. Cooper, in seguito, ha ricordato il contenuto di quella telefonata come breve e pacata. Disse: “Joel, I’m calling you from a cellular phone, a real cellular phone, a handheld, portable, real cellular phone”. Difficile credere che sia effettivamente riuscito a non tradire emozione alcuna: con quella telefonata aveva dato l’avvio all’era della telefonia mobile.
Martin Cooper è considerato, a ragione, l’inventore del primo telefono cellulare, ed il leader del team di Motorola che lo ha sviluppato. Il telefono, chiamato DynaTAC 8000× (fig. 1), è stato rilasciato nel 1983 ed è stato un enorme importante passo in avanti nella tecnologia delle comunicazioni mobili. Prima di allora, e a partire dal 1963, ci si affidava allo “Improved Mobile Telephone Service” (IMTS), un sistema di telefonia mobile che utilizzava trasmettitori radio ad alta potenza ed apparecchiature grandi e ingombranti per fornire servizi di telefonia mobile ad un numero limitato di utenti. I telefoni IMTS erano grandi, pesanti e costosi e venivano generalmente utilizzati da aziende, agenzie governative e altre organizzazioni che necessitavano di strumenti di comunicazione mobile.
La microelettronica ha svolto (e continua a svolgere) un ruolo cruciale nello sviluppo dei telefoni cellulari, fornendo soluzioni tecnologiche per la realizzazione di dispositivi elettronici miniaturizzati e circuiti integrati, che rappresentano gli elementi costitutivi dei moderni telefoni cellulari. Non è un caso che, proprio in quegli anni (per la precisione nel 1965), Gordon Moore (uno dei co-fondatori di Intel Corporation) introdusse la sua famosa legge predicendo che il numero di transistor che potevano essere collocati all’interno di un circuito integrato sarebbe raddoppiato all’incirca ogni due anni. L’introduzione di tecnologie microelettroniche come il “Digital Signal Processing” (DSP) e quella relativa ai dispositivi a radio frequenza (RF) hanno migliorato enormemente la qualità della trasmissione audio e video, e hanno, al tempo stesso, consentito comunicazioni wireless più veloci e affidabili.
Dall’apparizione del DynaTAC 8000×, l’evoluzione della tecnologia dei telefoni cellulari è stata a dir poco fantasmagorica, succedendosi attraverso ben cinque diverse generazioni fino ai nostri giorni. Dalla prima generazione (1G) degli anni ’80, basata totalmente su dispositivi di tipo analogico, e costituita da apparecchi relativamente voluminosi e pesanti, con una limitata autonomia della batteria, si è passati negli anni ’90 alla seconda generazione (2G) caratterizzata da apparecchi di tipo digitale, con una migliore qualità del suono ed una maggiore durata della batteria. Nella seconda generazione fa la sua comparsa lo “Short Message Service” (SMS) e il servizio di “Caller ID” che permette di identificare il numero telefonico dell’utente chiamante. La terza generazione di telefoni cellulari (3G), introdotta all’inizio degli anni 2000, era caratterizzata da una velocità di trasmissione ed elaborazione dei dati più elevata, e dall’introduzione di nuove funzionalità, come le videochiamate e la navigazione su Internet. La quarta generazione (4G), introdotta alla fine degli anni 2000, garantisce velocità di accesso ai dati ancora più elevate, una migliore qualità delle chiamate, e vede la comparsa della funzionalità di streaming video ad alta qualità. La quinta generazione (5G), infine, attualmente in fase di lancio, promette velocità dati ancora più elevate, una latenza inferiore (la latenza è il tempo impiegato da un dispositivo per rispondere a informazioni o alla richiesta di svolgimento di una determinata azione) e il supporto per tecnologie avanzate come la realtà aumentata e la realtà virtuale.
Insieme alla capillare diffusione di Internet, degli home computer, e dei laptop dei nostri giorni, la telefonia mobile è sicuramente uno dei segni più distintivi dell’impatto della microelettronica sulla nascita ed evoluzione della Società dell’informazione e della comunicazione come la conosciamo oggi. L’avvento dei moderni smartphone ha cambiato per sempre il panorama dei telefoni cellulari, consentendo una connettività Internet senza soluzione di continuità, la disponibilità di schermi ad alta risoluzione e l’accesso a una gamma di applicazioni che sono diventate parte integrante della nostra vita quotidiana.
Tra una generazione tecnologica e la successiva, diversi players Industriali si sono avvicendati nella posizione di leader mondiali in termini di produzione e vendite di telefoni cellulari. Il dominio di Motorola vacillò alla fine del 1998 quando Nokia Corporation riuscì ad imporsi come il più grande produttore mondiale di telefoni cellulari (nel 2002 Nokia aveva conquistato oltre il 35% del mercato globale dei telefoni cellulari).
La storia successiva di Nokia è un ammonimento su come anche le aziende più grandi e di maggior successo nel campo della “Information Communication Technology” (ICT) devono continuare a lottare, investendo in ricerca e sviluppo, per adattarsi alle nuove sfide tecnologiche e rispondere con la massima reattività alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione. Agli inizi degli anni 2000, i telefoni Nokia erano ben apprezzati per la lunga durata della batteria, per la robustezza degli apparecchi, e per un’interfaccia utente molto semplice da usare.
Tuttavia, con l’introduzione dell’iPhone di Apple nel 2007 e del sistema operativo Android di Google nel 2008, il mercato si è spostato decisamente verso gli smartphone, che offrivano funzionalità più avanzate e una migliore connettività Internet (fig. 2). Nokia stata lenta nel rispondere a questo cambiamento e il suo sistema operativo Symbian dimostrò di essere obsoleto rispetto a iOS e Android di Apple. Nonostante i tentativi di competere con gli smartphone, Nokia ha continuato a perdere quote di mercato fino al 2014, quando ha venduto la sua attività sui telefoni cellulari a Microsoft, che, a sua volta, decise di interromperla definitivamente nel 2016.
Successivamente all’affermazione dell’iPhone di Apple ha fatto la sua apparizione nel mercato degli smartphone un altro importante player come Samsung che, con la sua serie di telefoni Galaxy con caratteristiche e funzionalità simili a quelle dell’iPhone, riesce a competere proponendo prodotti a prezzo inferiore. Negli ultimi anni, l’industria della telefonia mobile ha visto l’ascesa di aziende cinesi come Huawei, Xiaomi e Oppo, che hanno guadagnato quote di mercato offrendo smartphone con ottime prestazioni e con funzionalità innovative a prezzi competitivi.
La storia dei successi (e degli insuccessi) dei diversi player impegnati a sviluppare modelli sempre più complessi ed evoluti di telefoni cellulari è stata a lungo intrecciata con gli interessi della nostra più importante azienda di semiconduttori, la Italo-Francese STMicroelectronics. Intanto una nota storica: Pasquale Pistorio, il CEO della costituenda SGS-Thomson poi trasformatasi in STMicroelectronics, negli anni in cui Martin Cooper sviluppava il DynaTAC 8000× era vice-president proprio di Motorola. La STMicroelectronics forniva molti dei chips per il funzionamento dei telefoni cellulari Nokia e nel 2009 aveva anche costituito una joint-venture con Ericsson (un altro importante attore nel campo della telefonia, in quegli anni). Le scelte aziendali di Nokia ed Ericsson, non adeguatamente reattive, come detto, rispetto ai cambiamenti determinati dall’adozione del sistema operativo Android con l’esplosione della tecnologia smartphone, mise in crisi anche il fatturato della nostra STMicroelectronics. Carlo Bozotti, successore nel 2005 di Pistorio alla guida dell’azienda, ricorda quella fase in una testimonianza riportata da Marco Bardazzi nel suo libro “Silicon Europe” recentemente pubblicato per BUR Rizzoli da Mondadori Libri: “se mettiamo insieme Nokia e Sony Ericsson, abbiamo perso 2.7 miliardi di dollari, quasi un terzo delle nostre entrate”.
STMicroelectronics ha poi dimostrato una grande capacità di reagire straordinariamente bene alle conseguenze determinate dalla débâcle di Nokia grazie, prima di tutto, allo sviluppo della tecnologia dei microcontrollori (necessari in molteplici applicazioni e, in particolare, nella produzione delle smart card, elemento essenziale del telefono cellulare), e proponendosi, successivamente, come leader mondiale nella tecnologia del Micro-Electro-Mechanical-Systems (MEMS) che, negli smartphone abilitano molteplici funzioni, trasformando stimoli esterni analogici in segnali digitali (l’aggiustamento dell’orientamento verticale-orizzontale dello schermo o l’applicazione “conta passi” in un moderno smartphone sono alcuni esempi abilitati dai dispositivi MEMS). Con i MEMS STMicroelectronics conquistò l’interesse di Apple ed entrò nella partita dell’iPhone.
Questi esempi mostrano come l’espansione sul mercato di prodotti per l’informazione e la comunicazione è legata a doppio filo con lo sviluppo delle tecnologie dei dispositivi a semiconduttori. La microelettronica è essenziale, in un moderno smartphone, sia per l’elaborazione digitale dell’informazione (con ampio utilizzo di transistori in tecnologia Complementary Metal-Oxide-Semiconductor) che, come detto, per la conversione analogico- digitale di input esterni (dove sono i MEMS a farla da padrone).
Dispositivi Complementary Metal-Oxide-Semiconductor (CMOS) sono ampiamente utilizzati nella fabbricazione dei microprocessori in grado di gestire attività complesse come streaming video, giochi e multitasking. Nei telefoni cellulari la tecnologia CMOS è utilizzata anche per fabbricare i sensori di immagine che consentono immagini di alta qualità e funzionalità avanzate, come il riconoscimento facciale e la realtà aumentata. Sono ancora dispositivi CMOS che permettono di realizzare ricetrasmettitori a radiofrequenza (RF) per la comunicazione wireless nei telefoni cellulari, progettati per essere efficienti dal punto di vista energetico e in grado di far fronte agli standard della comunicazione wireless delle generazioni 4G e 5G. La tecnologia CMOS, infine, viene utilizzata per fabbricare i chip di memoria che memorizzano dati e applicazioni nei telefoni cellulari.
La tecnologia MEMS ha svolto, a sua volta, come già accennato, un ruolo significativo nello sviluppo degli smartphone, consentendo la miniaturizzazione e integrazione di molte componenti analogiche-digitali nei telefoni cellulari. Accelerometri e giroscopi basati su MEMS vengono utilizzati per rilevare il movimento e l’orientamento, abilitando funzioni come la rotazione dello schermo, i giochi e il monitoraggio dei parametri di fitness. Sono microfoni e altoparlanti di tipo MEMS che consentono la registrazione e la riproduzione audio di alta qualità e sensori MEMS (come i sensori di pressione e i sensori di temperatura) vengono utilizzati per fornire dati accurati meteo o per la navigazione GPS. E sempre sulla tecnologia MEMS sono basati le fotocamere utilizzate negli smartphone per l’imaging ad alta risoluzione, per le funzionalità relative al riconoscimento facciale o alla realtà aumentata.
Cosa ci riserva il futuro? La miniaturizzazione e la maggiore efficienza dei componenti microelettronici hanno consentito lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale che sono progressivamente sempre più integrati nei più moderni e sofisticati smartphone. Un impatto ancora maggiore è atteso dallo sviluppo delle tecnologie microlettroniche beyond-silicon, basate sull’impiego dei wide-band-gap (WBG) semiconductors, come il nitruro di gallio (GaN) o il carburo di silicio (SiC).
In particolare, l’elettronica di potenza e radiofrequenza basata su questi semiconduttori offre la possibilità di una miniaturizzazione più spinta rispetto al silicio con caratteristiche di efficienza, in termini di dissipazione e affidabilità, estremamente più performanti. Tanto il SiC quanto il GaN saranno i semiconduttori che sostituiranno il silicio in una gamma molto ampia di applicazioni: dai veicoli elettrici alla gestione delle reti elettriche, mentre nel settore radio frequency (RF) gli amplificatori RF basati su GaN garantiranno una maggiore potenza in uscita, saranno in grado di gestire una maggiore larghezza di banda, e offriranno una migliore linearità rispetto ai tradizionali amplificatori RF basati su silicio. Queste tecnologie troveranno dunque ampio spazio di impiego nello sviluppo di reti wireless 5G e di altri sistemi di comunicazione wireless avanzati.
La microelettronica basata su GaN, inoltre, migliorerà significativamente le prestazioni dei carica batterie nei nostri telefoni cellulari, garantendo, in fase di carica, una decisamente maggiore erogazione di potenza elettrica, consentendo tempi di ricarica molto più rapidi. L’elettronica di potenza basata su GaN, essendo poi caratterizzata da una maggiore efficienza nei processi di conversione della potenza elettrica (sempre rispetto al silicio), è in grado di assicurare che, durante il processo di ricarica, venga minimizzata la dissipazione in calore. Inoltre, i dispositivi in GaN possono essere progettati usando architetture molto più piccole e compatte rispetto a quelle caratteristiche dell’elettronica di potenza tradizionale basata su silicio. Ciò significa avere caricabatterie più piccoli e più facili da portare in giro con noi. Infine, l’elettronica basata su GaN aiuterà a prolungare la durata della batteria minimizzando le perdite di potenza elettrica durante il funzionamento (particolarmente utile per le persone che usano molto il telefono durante il giorno).
Sebbene negli ultimi quindici anni siano stati fatti enormi progressi nel campo dello sviluppo di materiali e processi per dispositivi basati sui semiconduttori WBG (SiC e GaN, in particolare), che hanno portato, in diversi casi, alla commercializzazione di diodi e di dispositivi “Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistors” (MOSFET) (fig. 3) in carburo di silicio e di dispositivi “High Electron Mobility Transistor” (HEMT) (fig. 4) in nitruro di gallio, operanti in un ampio intervallo di tensioni di lavoro (200 V – 10 kV), esistono diverse questioni scientifiche-tecnologiche ancora aperte che devono essere affrontate per raggiungere la piena maturità di queste tecnologie e le prestazioni ottimali dei dispositivi.
Sul fronte delle applicazioni del SiC nell’elettronica di potenza, l’Italia si trova ad occupare una posizione di assoluto rilievo, grazie agli avanzamenti che sul fronte del know-how scientifico-tecnologico sono stati conseguiti soprattutto presso l’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi (IMM) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in stretta collaborazione con l’Università degli Studi a Catania. Oggi la tecnologia SiC è oggetto di imponenti investimenti industriali nel nostro territorio ed è già oggetto di significative commesse da parte soprattutto di end-users che operano nei settori dell’auto elettrica e della generazione di potenza elettrica da sorgenti rinnovabili.
Per la tecnologia basata su GaN, la possibilità di modulare la banda proibita creando delle leghe AlxGa1–xN, con opportuna concentrazione di alluminio, combinata con le proprietà piezoelettriche di etero-strutture AlGaN/GaN, consente la generazione, all’interfaccia della etero-struttura, di un gas bidimensionale di elettroni con densità e mobilità elevatissime. Sfruttando questa proprietà è possibile realizzare transistor ad elevata mobilità elettronica (gli HEMTs, appunto)(fig. 5), in grado di operare a tensioni e frequenze molto elevate, con un notevole miglioramento delle prestazioni e riduzione dei consumi rispetto ai tradizionali dispositivi “Laterally-Diffused Metal-Oxide Semiconductor” (LDMOS) basati su silicio.
Grazie alle eccellenti prestazioni in frequenza, i transistori HEMT, utilizzati come amplificatori, possono essere impiegati nella componentistica delle stazioni base nel campo della telefonia cellulare, e sono alla base delle prospettive di sviluppo della tecnologia 5G. Una delle sfide tecnologiche più rilevanti, tuttavia, è rappresentata dalla fabbricazione di dispositivi HEMT normalmente spenti (normally-off). Infatti, in condizioni normali, la presenza del gas bidimensionale di elettroni in una etero-struttura AlGaN/GaN rende normalmente accesi (normally-on) i transistors realizzati con questa architettura, anche in assenza di tensione applicata al gate. Questo problema è di notevole rilevanza nelle applicazioni in power electronics che devono garantire la massima sicurezza dei circuiti in caso di malfunzionamento dei driver.
Nonostante in letteratura siano stati riportati studi che propongono diversi approcci per la realizzazione di HEMT normally-off in GaN (introduzione di fluoro sotto il gate, recessione del gate, ecc.) al momento l’unica tecnologia che è comparsa sul mercato riguarda l’HEMT con gate in p-GaN (Samsung, Panasonic, GaNSystem). Non è ancora ben chiaro, tuttavia, quale sia il ruolo della metallizzazione del gate in p-GaN sulle caratteristiche del dispositivo. Un approccio più promettente è quello basato su un’architettura ibrida (Metal-Oxide-Semiconductor/HEMT), che combina la recessione del gate con l’isolamento tramite l’opportuno inserimento di un dielettrico. In questo contesto, però, il controllo delle proprietà del dielettrico di gate è fondamentale per garantire la tensione di soglia positiva e la sua stabilità in seguito a stress di tipo elettrico.
L’attuale situazione politico-economica mondiale ha reso evidente quanto sia essenziale e urgente, per l’intero comparto industriale Italiano e Europeo, garantire al proprio interno lo sviluppo e la progettazione di componenti elettronici (Electronic Components and Systems) basati sulle emergenti tecnologie a semiconduttore, strategiche per la produzione industriale, per le telecomunicazioni, e per la transizione green, riducendo i rischi di una dipendenza critica da altre regioni (USA, Cina). In quest’ottica la posizione italiana è ancora caratterizzata da un elemento di debolezza sul fronte infrastrutturale perché, al contrario di quanto accade in altre Nazioni Europee, il comparto della microelettronica non è stato adeguatamente supportato, in passato, dalla presenza di large scale facilities istituzionali di dimensioni supercritiche, come CEA-Leti in Francia o IMEC in Belgio.
La recente implementazione dell’infrastruttura di ricerca del CNR a Catania “materials and processes BEYOND the NANOSCALE” (Beyond-Nano), presso l’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi, rappresenta una possibilità concreta per superare con successo questo divario.
Lo sviluppo delle tecnologie abilitanti (KETs) per una nuova generazione di dispositivi in carburo di silicio e in nitruro di gallio, che vada oltre lo stato dell’arte dei dispositivi già disponibili in commercio, è uno dei target principali di Beyond-Nano. La strumentazione implementata in Beyond- Nano permette di esplorare le soluzioni tecnologiche legate all’impiego dei semiconduttori WBG, partendo dalla sintesi del materiale, arrivando fino alla effettiva realizzazione di dispositivi prototipo, passando per lo sviluppo dei necessari processi di micro- e nanolavorazione, in una clean-room con standard assolutamente in linea con quelli caratteristici dell’Industria dei Semiconduttori. Strategica, in tal senso, è l’acquisizione, presso l’infrastruttura, di un reattore per la crescita di strati di nitruro di gallio (GaN), e più esattamente di un apparato di Metal-Organic-Chemical-Vapor-Deposition (MOCVD) con caratteristiche che garantiscono elevata flessibilità (necessaria per esplorare, in fase di ricerca e sviluppo, l’influenza dei molti parametri di crescita del materiale sulle prestazioni elettriche dello stesso), ed elevato throughput (per assicurare una resa produttiva compatibile per le applicazioni a carattere Industriale).
Beyond-Nano ha anche avviato, di recente, un’intensa attività di ricerca e sviluppo che riguarda la combinazione delle funzionalità avanzate dei materiali 2D (graphene-like) con alcune proprietà peculiari del SiC e del GaN (resistenza alle radiazioni, biocompatibilità, presenza di centri di colore all’interno dell’ampia banda proibita, ecc.).
L’etero-integrazione 2D-WBG (fig. 6) aprirà la strada a nuove applicazioni in campi che vanno oltre l’elettronica di potenza, quali i dispositivi digitali per l’aerospazio, la bio-sensoristica (chip di sensori per lo screening precoce di malattie multifattoriali) e le stesse tecnologie quantistiche (emettitori a singolo fotone in SiC o hexagonal boron nitride). Una delle direzioni di sviluppo della microelettronica nel prossimo futuro consisterà, peraltro, nell’integrazione monolitica e/o eterogena di componenti elettronici/fotonici e quantistici con funzionalità complesse.
Grazie ai nuovi semiconduttori, e alle più complesse architetture dei dispositivi, la microelettronica spingerà per molti anni ancora lo sviluppo della information communication technology. Oltre alle reti 5G, in grado di fornire velocità di comunicazione dei dati straordinariamente elevate, supportando tools come la realtà aumentata e la realtà virtuale, ci sarà un sempre maggiore accesso all’intelligenza artificiale, ben oltre il semplice riconoscimento vocale o l’analisi di immagini e il boom dell’internet of things (IOT) con un numero enorme di dispositivi multifunzionali interconnessi tra loro, dalle smart homes ai sensori integrati nei processi industriali. Infine, il cloud computing, che ha già trasformato il modo in cui archiviamo e accediamo ai dati, diventerà ancora più pervasivo, fornendo accesso on-demand alle più avanzate risorse informatiche e abilitando nuove applicazioni e servizi.